La sua carriera va verso i trent’anni, con spettacoli radi, non più di una quindicina, e perfetti, tanti premi (gli Ubu sono due) e un lavoro ininterrotto di didattica e feroce autodidattica che ha amplificato le sue doti espressive e scavato la sua vocalità. Alle spalle ha collaborazioni sceltissime (Pippo Delbono, Teatro della Valdoca) e una lunga immersione nel mondo di Jean Genet, visitato in drammaturgie straniate e perturbanti che hanno fatto di lui un icona e un maestro del teatro di ricerca. A questo punto per Danio Manfredini fare Amleto – o meglio Il principe Amleto, al Teatro Novelli di Rimini il 18 dicembre con inizio alle 21,00 – può voler dire cercare una consacrazione o semplicemente affrontare una sfida arrivata dal prolungato uso dei testi classici nei laboratori con gli attori. In ogni caso il tiro è alto: Manfredini ha tradotto il testo e ha scritto parti originali immaginando di rivivere gli attimi finali della vita di Amleto e con lui ripercorrere la sua vicenda per immagini fantasmatiche senza distinzioni tra ricordo, realtà, sogno e fantasia. È l’Amleto intellettuale, che “dentro di sé un gran lavorio tra riflessioni e immaginazioni, congegna strategie e tattiche, soffre i suoi dubbi, patisce nel dolore e nella solitudine dell’isolamento” a attirare l’attore e regista verso questa messinscena realizzata con otto attori, tutti uomini, immersi nel buio della scena col volto coperto e immobilizzato da maschere bianche. Realizzato in residenza alla Corte Ospitale di Rubiera, Il principe Amleto di Danio Manfredini è interpretato da Guido Burzio, Cristian Conti, Vincenzo Del Prete, Angelo Laurino, Danio Manfredini, Mauro Milanese, Giuseppe Semeraro.
Inatteso è uscito nelle scorse settimane anche un disco che Manfredini intitola Incisioni (Sottocontrollo) per attraversare cinquant’anni di musica italiana da Mina (Ancora, ancora, ancora) ai Diaframma (Labbra Blu), da Battisti (I giardini di marzo) a Vasco (Stupido Hotel). “I pezzi scelti – ha scritto – rivelano una mancanza, un bisogno, una lacerazione, non a caso anche il titolo comprende nel suo significato la ferita, il taglio, qualcosa che lascia il segno”