Politica

Legge di Stabilità, l’Anci invita i comuni a non approvare i bilanci di previsione

Secondo l'associazione degli enti locali, la riduzione dei tagli prevista dagli emendamenti al ddl "non è sufficiente". In una nota i sindaci denunciano anche il rinvio delle norme sulle città metropolitane e sostengono che l'Imu non allevierà la grave situazione finanziaria dei municipi

“L’Anci inviterà i comuni italiani a non approvare i bilanci di previsione in attesa che il nuovo Governo si faccia carico della grave situazione della finanza locale, perché i sindaci e gli amministratori locali non sono in grado di poter spiegare ai cittadini quali servizi si intendono tagliare”. E’ quanto si legge in una nota dell’Associazione dei Comuni italiani.

Tra i primi firmatari della nota, Gianni Alemanno, sindaco di Roma e presidente del Consiglio nazionale dell’Anci, Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, Giorgio Orsoni, sindaco di Venezia e Piero Fassino, sindaco di Torino, tutti alle prese con bilanci disastrati. “Non condividiamo i toni trionfalistici con cui i giornali ed i media hanno descritto le modifiche alla legge di stabilità approvate dalla Commissione bilancio del Senato, legge che crea una vera e propria emergenza bilanci 2013″, sottolineano i sindaci. “Apprezziamo sicuramente il lavoro svolto dalla Commissione, dai relatori, dai gruppi parlamentari e dai partiti politici che hanno modificato sensibilmente la legge nella parte che riguarda il patto di stabilità interno e, in misura minore, la riduzione dei tagli – si legge nel comunicato – Ma questo non è sufficiente e crea un effetto dirompente sui bilanci dei comuni che dovranno così tagliare i servizi verso i cittadini”.

Nel comunicato i sindaci esprimono anche  “forti risentimenti” per il “rinvio delle norme sulle città metropolitane ed il pasticcio sulle Province”. “Ad alleviare questo stato di cose non incide la nuova disciplina dell’Imu – conclude Anci – che purtroppo risente dei tagli da 1,6 miliardi al fondo di riequilibrio e di conseguenza non produce quell’aumento di autonomia finanziaria che i comuni avevano sperato chiedendo la totale devoluzione del gettito”.