Di che cosa parla veramente una canzone? Una domanda mica da poco. Per ovviare all’inconveniente i Tre Allegri Ragazzi Morti hanno stilato un apposito comunicato che spiegasse brano per brano le tracce del loro settimo album, Nel giardino dei fantasmi, uscito lo scorso 7 dicembre. Perchè il pezzo a chiusura del disco, Di che cosa parla veramente una canzone? per l’appunto, lascia più di un dubbio, che “di che cosa parla una canzone non lo so”, confessano il chitarrista-fumettista-cantante Davide Toffolo e compagni.
I TARM saranno giovedì 20 dicembre al Tpo di Bologna a presentare la loro ultima fatica discografica, a un anno dal successo di Primitivi del futuro, virata in salsa reggae della formazione di Pordenone. Nel Giardino dei fantasmi i TARM approdano ad un sound etnico, di un’etnia immaginaria, secondo le loro stesse parole. Un disco che mescola folk e reggae, blues e rock amalgamandoli nell’orizzonte della musica indipendente. Così alle chitarre naïf di Toffolo si sovrappongono i suoni di mandolino ed ukulele, balafon e cajon, cori femminili, echi di musica caraibica e ritmi africani: una veste sonora inedita per il trio, organizzata sotto la sapiente supervisione del produttore Paolo Baldini. Il giardino del titolo, un vuoto bianco puntellato di scheletri d’alberi neri e figurine solitarie di fantasmi senza volto nel concept visivo di Toffolo, è figura da decifrare: è l’Italia di oggi popolata da entità prive di corpo, brutalmente private di un peso.
E’ la selva della rete, dei social network, delle piazze globali dove si rischia di perdersi. E’, in alcuni brani, il mondo dell’adolescenza, tema ricorrente nell’immaginario della band come metafora del mutamento esistenziale, passaggio dal niente al tutto e viceversa. Ognuno, al di là delle linee guida tracciate da Enrico Molteni, Davide Toffolo e Luca Masseroni, ci può trovare lo slancio che desidera. Niente risposte o retorica, semmai domande e ritratti. Ritratti di quei fantasmi che occupano la nostra cronaca personale ma anche la nostra fantasia. Canzoni per ballare, per cantarle, per capire qualcosa in più dell’amore e del mondo, per perdersi nelle malinconie delle ballate dal sapore tristemente poetico, per essere spiazzati. Tanto dietro alle maschere da teschio, le loro e le nostre, la libertà è assoluta.