Il Consiglio superiore della magistratura si è espresso favorevolmente: ventuno sì, nessun no e tre astenuti: Vietti, Fuzio e Palumbo. Non hanno partecipato Zanon e Albertoni. Il vicepresidente: "E' un atto dovuto. Tutti si lamentano della discesa in campo politico dei magistrati, il rimedio mi sembra semplice: i partiti non li candidino e li lascino a fare il loro mestiere".
Il Consiglio superiore della magistratura ha accolto la richiesta di aspettativa presentata da Antonio Ingroia. Si avvicina dunque, la prospettiva di una candidatura dell’ex procuratore aggiunto di Palermo, al momento osservatore dell’Onu in Guatemala.
Il Consiglio si è espresso con ventuno voti favorevoli e zero contrari. Tre, invece, gli astenuti: il vicepresidente Michele Vietti, il togato di Unicost, Riccardo Fuzio e il laico del Pdl Filiberto Palumbo. Non hanno partecipato al voto altri 2 consiglieri laici di centrodestra: Nicolò Zanon e Alberto Albertoni. L’aspettativa, si legge nella delibera, ha “decorrenza dal 22 dicembre 2012 e fino alla scadenza del termine per la presentazione della candidatura o, in caso di accettazione della medesima, sino alla proclamazione dei risultati delle prossime elezioni politiche“.
Il vicepresidente Michele Vietti, dopo aver precisato che la decisione del Csm è stato “un atto dovuto”, ha commentato: “Tutti si lamentano della discesa in campo politico dei magistrati, il rimedio mi sembra semplice: i partiti non li candidino e li lascino a fare il loro mestiere”.
Il responsabile Giustizia dell’Idv, Luigi Li Gotti, ha ribattuto alle parole di Vietti: “Sono attualmente una quindicina i parlamentari magistrati o ex magistrati. Perchè l’onorevole Vietti non ha fatto simili esternazioni durante tutta la sua attività parlamentare o quando ha svolto il ruolo di sottosegretario alla giustizia? Com’è che la sua sensibilità si manifesta oggi? L’esternazione di Vietti assume connotati politici d’opportunità ed è molto poco, o per nulla, istituzionale”.
Il primo presidente della Cassazione, Ernesto Lupo, ha chiesto e ottenuto l’inserimento nella delibera votata di un passaggio nel quale si sottolinea che si tratta di una “delibera dovuta per legge, ai sensi della norma (Dpr n. 361/1957) che “impone l’accoglimento della richiesta” di aspettativa. Questo perché, ha rilevato Lupo “il comitato di presidenza ha già ricevuto proteste“, quale quella annunciata ieri dal Codacons. Nel corso del breve dibattito in plenum, il laico Zanon ha voluto sottolineare che “da parte di Ingroia vi è stata una esplicita richiesta di consenso con inchieste definite da lui decisive per la storia italiana”, quali quella sulla presunta trattativa Stato-Mafia. “Non apprezzo questa grave svalutazione della professionalità del magistrato – ha detto Zanon – questo buttarsi via getta ombra su tutto ciò che ha fatto. E’ inviolabile il diritto all’elettorato passivo, ma servono regole per bilanciare equilibrio e indipendenza”.
Secondo Palumbo “politica e magistratura sono termini antitetici. Spero che Ingroia in futuro faccia il politico e non il magistrato”. Contrario all’aspettativa era anche il laico della Lega Albertoni: “Ero contrario che andasse a svolgere un incarico in un comitato piuttosto misterioso in Guatemala. Il magistrato Ingroia deve fare il suo mestiere“. Il laico del Pdl, Bartolomeo Romano, ha invece dato voto favorevole all’aspettativa per l’ex procuratore aggiunto di Palermo: “Abbiamo assistito a una lunga e appassionante telenovela, oggi abbiamo una situazione che avevamo immaginato da molti anni. Guardo con rispetto e interesse questo percorso umano, il mondo politico sarà arricchito da un’ulteriore presenza”. Il dibattito è stato chiuso dal togato di Magistratura Indipendente Antonello Racanelli, presidente della IV Commissione e relatore della pratica, secondo il quale “Ingroia esercita un diritto garantito. Noi dobbiamo rispettare le scelte che sono compatibili con le norme per lui come altri magistrati”.