L’aveva detto: la condizione perché io da tecnico diventi politico “fatto e finito” è che si parta dal programma, dal “mio” programma. Quella che tutti chiamano “agenda Monti”. Chi ci sta, bene. Altrimenti tanti saluti. E ora, dopo aver incontrato e consultato tutti coloro che si trovano nell’area a lui vicina (Casini, Fini, Montezemolo, Riccardi), il solco è sempre quello. Un percorso che porterà – appena possibile – prima a un manifesto programmatico intorno al quale raggruppare partiti, movimenti e personalità politiche che sostengono Mario Monti. Solo dopo si potrà sciogliere il nodo sulle modalità dell’ingresso nella sfida elettorale: lista unica o “federazione” di quattro liste, come già emergeva nelle ore passate.
Questo portolano è quello che guida ancora oggi il capo del governo. Non si sa ancora quando parlerà. Ma il presidente del Consiglio, spiegano diverse fonti delle agenzie di stampa, “è intenzionato a presentare agli italiani un ‘manifesto’ che di fatto sarà il programma di governo”. Un annuncio, si spiega, dovrebbe essere fatto durante la conferenza stampa di fine anno, che dovrebbe slittare di uno, massimo due giorni, quindi tra sabato e domenica, quando avrà già rimesso il mandato nelle mani di Napolitano. Il Professore, giorni fa, ha chiesto ai singoli ministri di preparare delle relazioni in cui ricordare cosa è stato fatto, ma anche cosa resta da fare. E proprio ciò che per varie ragioni, politiche e di tempo, non è stato possibile realizzare durante l’anno di governo formerà la base del programma elettorale. Insomma, il ragionamento è: conta l’agenda, il programma, il memorandum.
Prima il manifesto: il programma a cui aderire
Il presidente del Consiglio sa che l’Italia è in mezzo al guado, a metà del percorso di risanamento avviato un anno fa. Non ha voglia di vedere, come già emergeva alcune settimane fa, che il suo anno di lavoro faticoso (per gli italiani) diventi carta straccia. Nel merito i capitoli del memorandum sarebbero tre: pensioni e lavoro, nessuna marcia indietro; se resteranno “tesoretti” dovranno essere dedicati alla riduzione delle tasse per lavoro e imprese; terzo, impossibile rimuovere tasse come l’Imu, fondamentali per la tenuta dei conti. E solo chi aderirà “integralmente” al manifesto potrà avere un ruolo nell’operazione “politica” del professore. Per questo il dialogo con i vertici del Pdl sembra già sepolto (ammesso che ci sia mai stato una possibilità) e per questo oggi lo stesso Andrea Riccardi ha fatto un po’ di luce dopo questi giorni passati, più per equivoco che per ragioni solide, tra il lusco e il brusco.
Monti vuole una lista unica, i partiti no
Nessuna schiarita, invece, sulle modalità tecniche della materiale partecipazione alla corsa elettorale. L’argomento, secondo diverse fonti, è stato affrontato nell’incontro che il presidente del Consiglio ha avuto a palazzo Chigi con Montezemolo, Casini, Cesa e Riccardi. Ma il nodo non sarebbe stato sciolto. Si ragiona ancora sull’ipotesi di una lista unitaria “pro Monti” anche alla Camera (al Senato la scelta appare ormai obbligata per via della quota molto alta per conquistare seggi: 8%) dove far confluire tutti i soggetti politici interessati. L’alternativa è una sorta di federazione in cui le singole anime sarebbe unite dall’agenda comune e dal sostegno a Monti a palazzo Chigi. Al momento appare invece tramontata l’ipotesi di una candidatura diretta dello stesso Professore alla Camera, in considerazione del fatto che Monti è già senatore a vita. “La lista unica e’ un modo – riferiscono fonti parlamentari – anche per controllare le candidature, ma soprattutto per far sì che i moderati parlino con un’unica voce”. Il che è un forte desiderio dello stesso Monti.
“La ‘mission’ di Monti – spiegano altre fonti – è quella di costituire un vero e proprio ‘partito’, sul modello del Ppe. Con una lista unica ci sarebbe una formazione maggiormente competitiva e si eviterebbe il rischio di una frantumazione. Inoltre dai sondaggi si evince che prenderemmo più voti presentandoci uniti”. Ma su alcuni di questi punti, tra i leader dei partiti, restano perplessità. In particolare la formazione di Montezemolo non vorrebbe un unico contenitore per differenziare la propria identità “non politica”.
Berlusconi va alla guerra: “Se Monti entra in politica, è scontro”
E a questo punto le intenzioni sempre più chiare di Monti liberano le mani di Berlusconi, che prosegue l’offensiva su tutti i media immaginabili (oggi era a Pomeriggio Cinque, altro programma condotto dalla D’Urso, domani sarà a Radio Anch’io). E la strategia sarà più chiara: guadagnare terreno nei sondaggi intestandosi il ruolo di vero leader dei moderati puntando il dito contro chi ha messo il veto ad un’alleanza (cosa che oggi Alfano diligentemente ha già iniziato a fare, infatti). Il nemico ha un nome e cognome: Pier Ferdinando Casini. E’ contro il leader dell’Udc ed il rifiuto ad un’intesa con il Pdl sotto la guida di Monti che l’ex capo del governo intende schierare le proprie truppe nel corso della campagna elettorale.
Ma non solo. L’eventualità che Monti davvero salga sul ring porta Berlusconi a un’ulteriore accelerazione: stigmatizzare questa scelta anche con Giorgio Napolitano nel momento in cui saranno avviate le consultazioni: “Se Monti si candida – è il ragionamento – non può restare a Palazzo Chigi un minuto di più. Nemmeno per l’adempimento degli affari correnti perchè il suo smette di essere ‘super partes'”. Quello che a via dell’Umiltà fanno notare infatti è che sarebbe un’eccezione visto che Monti non è espressione di una forza politica presente in Parlamento. Il rischio che una discesa in campo del Professore possa togliere dei voti al Pdl sembra non preoccupare il Cavaliere che però si “attrezza” per la controffensiva, a partire dalle alleanze.
Politica
La via di Monti: lista solo con chi dice sì al programma. E B. gli prepara la guerra
L'annuncio del presidente del Consiglio forse già tra sabato e domenica. Ma quel che conta per lui è il suo "memorandum": alleanze solo con chi aderisce. Il Professore vorrebbe una lista unica, ma Udc e Montezemolo no. E il Cavaliere è pronto allo scontro finale con Casini e il capo del governo: "Non può restare a Palazzo Chigi un minuto di più"
L’aveva detto: la condizione perché io da tecnico diventi politico “fatto e finito” è che si parta dal programma, dal “mio” programma. Quella che tutti chiamano “agenda Monti”. Chi ci sta, bene. Altrimenti tanti saluti. E ora, dopo aver incontrato e consultato tutti coloro che si trovano nell’area a lui vicina (Casini, Fini, Montezemolo, Riccardi), il solco è sempre quello. Un percorso che porterà – appena possibile – prima a un manifesto programmatico intorno al quale raggruppare partiti, movimenti e personalità politiche che sostengono Mario Monti. Solo dopo si potrà sciogliere il nodo sulle modalità dell’ingresso nella sfida elettorale: lista unica o “federazione” di quattro liste, come già emergeva nelle ore passate.
Questo portolano è quello che guida ancora oggi il capo del governo. Non si sa ancora quando parlerà. Ma il presidente del Consiglio, spiegano diverse fonti delle agenzie di stampa, “è intenzionato a presentare agli italiani un ‘manifesto’ che di fatto sarà il programma di governo”. Un annuncio, si spiega, dovrebbe essere fatto durante la conferenza stampa di fine anno, che dovrebbe slittare di uno, massimo due giorni, quindi tra sabato e domenica, quando avrà già rimesso il mandato nelle mani di Napolitano. Il Professore, giorni fa, ha chiesto ai singoli ministri di preparare delle relazioni in cui ricordare cosa è stato fatto, ma anche cosa resta da fare. E proprio ciò che per varie ragioni, politiche e di tempo, non è stato possibile realizzare durante l’anno di governo formerà la base del programma elettorale. Insomma, il ragionamento è: conta l’agenda, il programma, il memorandum.
Prima il manifesto: il programma a cui aderire
Il presidente del Consiglio sa che l’Italia è in mezzo al guado, a metà del percorso di risanamento avviato un anno fa. Non ha voglia di vedere, come già emergeva alcune settimane fa, che il suo anno di lavoro faticoso (per gli italiani) diventi carta straccia. Nel merito i capitoli del memorandum sarebbero tre: pensioni e lavoro, nessuna marcia indietro; se resteranno “tesoretti” dovranno essere dedicati alla riduzione delle tasse per lavoro e imprese; terzo, impossibile rimuovere tasse come l’Imu, fondamentali per la tenuta dei conti. E solo chi aderirà “integralmente” al manifesto potrà avere un ruolo nell’operazione “politica” del professore. Per questo il dialogo con i vertici del Pdl sembra già sepolto (ammesso che ci sia mai stato una possibilità) e per questo oggi lo stesso Andrea Riccardi ha fatto un po’ di luce dopo questi giorni passati, più per equivoco che per ragioni solide, tra il lusco e il brusco.
Monti vuole una lista unica, i partiti no
Nessuna schiarita, invece, sulle modalità tecniche della materiale partecipazione alla corsa elettorale. L’argomento, secondo diverse fonti, è stato affrontato nell’incontro che il presidente del Consiglio ha avuto a palazzo Chigi con Montezemolo, Casini, Cesa e Riccardi. Ma il nodo non sarebbe stato sciolto. Si ragiona ancora sull’ipotesi di una lista unitaria “pro Monti” anche alla Camera (al Senato la scelta appare ormai obbligata per via della quota molto alta per conquistare seggi: 8%) dove far confluire tutti i soggetti politici interessati. L’alternativa è una sorta di federazione in cui le singole anime sarebbe unite dall’agenda comune e dal sostegno a Monti a palazzo Chigi. Al momento appare invece tramontata l’ipotesi di una candidatura diretta dello stesso Professore alla Camera, in considerazione del fatto che Monti è già senatore a vita. “La lista unica e’ un modo – riferiscono fonti parlamentari – anche per controllare le candidature, ma soprattutto per far sì che i moderati parlino con un’unica voce”. Il che è un forte desiderio dello stesso Monti.
“La ‘mission’ di Monti – spiegano altre fonti – è quella di costituire un vero e proprio ‘partito’, sul modello del Ppe. Con una lista unica ci sarebbe una formazione maggiormente competitiva e si eviterebbe il rischio di una frantumazione. Inoltre dai sondaggi si evince che prenderemmo più voti presentandoci uniti”. Ma su alcuni di questi punti, tra i leader dei partiti, restano perplessità. In particolare la formazione di Montezemolo non vorrebbe un unico contenitore per differenziare la propria identità “non politica”.
Berlusconi va alla guerra: “Se Monti entra in politica, è scontro”
E a questo punto le intenzioni sempre più chiare di Monti liberano le mani di Berlusconi, che prosegue l’offensiva su tutti i media immaginabili (oggi era a Pomeriggio Cinque, altro programma condotto dalla D’Urso, domani sarà a Radio Anch’io). E la strategia sarà più chiara: guadagnare terreno nei sondaggi intestandosi il ruolo di vero leader dei moderati puntando il dito contro chi ha messo il veto ad un’alleanza (cosa che oggi Alfano diligentemente ha già iniziato a fare, infatti). Il nemico ha un nome e cognome: Pier Ferdinando Casini. E’ contro il leader dell’Udc ed il rifiuto ad un’intesa con il Pdl sotto la guida di Monti che l’ex capo del governo intende schierare le proprie truppe nel corso della campagna elettorale.
Ma non solo. L’eventualità che Monti davvero salga sul ring porta Berlusconi a un’ulteriore accelerazione: stigmatizzare questa scelta anche con Giorgio Napolitano nel momento in cui saranno avviate le consultazioni: “Se Monti si candida – è il ragionamento – non può restare a Palazzo Chigi un minuto di più. Nemmeno per l’adempimento degli affari correnti perchè il suo smette di essere ‘super partes'”. Quello che a via dell’Umiltà fanno notare infatti è che sarebbe un’eccezione visto che Monti non è espressione di una forza politica presente in Parlamento. Il rischio che una discesa in campo del Professore possa togliere dei voti al Pdl sembra non preoccupare il Cavaliere che però si “attrezza” per la controffensiva, a partire dalle alleanze.
B.COME BASTA!
di Marco Travaglio 14€ AcquistaArticolo Precedente
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Roma, 13 feb. (Adnkronos) - Il Milleproroghe è un provvedimento routinario, in teoria nell'esame tutto doveva andare liscio. Invece l'iter di questo provvedimento è stato un disastro, la maggioranza l'ha gestito in modo circense, dando prova di dilettantismo sconcertante". Lo ha detto la senatrice Alessandra Maiorino, vice presidente del gruppo M5S al Senato, nella dichiarazione di voto sul Milleproroghe.
"Già con l'arrivo degli emendamenti abbiamo visto il panico nel centrodestra. Poi è arrivata la serie di emendamenti dei relatori, o meglio del governo sotto mentite spoglie, a partire da quelli celebri sulla rottamazione delle cartelle. Ovviamente l'unica preoccupazione della maggioranza, a fronte di 100 miliardi di cartelle non pagate, è stata solo quella di aiutare chi non paga. Esattamente come hanno fatto a favore dei no vax, sbeffeggiando chi sotto il Covid ha rispettato le regole. In corso d'opera abbiamo capito che l'idea di mettere tre relatori, uno per ogni partito di maggioranza, serviva a consentire loro di marcarsi a vicenda, di bloccare gli uni gli sgambetti degli altri. Uno scenario surreale! Finale della farsa poi è stato il voto di un emendamento di maggioranza ignoto ai relatori e una ignobile gazzarra notturna scoppiata tra i partiti di maggioranza. Non avevamo mai visto tanto dilettantismo in Parlamento".
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Il decreto Milleproroghe rappresenta una sfida importante, un provvedimento cui abbiamo dato un significato politico, un’anima. L’azione di questo governo punta a mettere in campo riforme e norme strutturali ma esistono anche pilastri meno visibili che hanno comunque l’obiettivo finale della crescita delle imprese e della nostra economia, di sostenere il sistema Italia nel suo complesso. Ecco perché col decreto Milleproroghe abbiamo provveduto ad estendere o a sospendere l’efficacia di alcuni provvedimenti con lo scopo di semplificare e rendere più snella la nostra burocrazia, sempre con l’obiettivo dichiarato della crescita. Fra questi norme sulle Forze dell’ordine e sui Vigili del Fuoco, sostegno ai Comuni e all’edilizia, nel campo sociale e sanitario come in quello dell’industria e della pesca e sul contrasto all’evasione fiscale. Più di 300 emendamenti approvati, tra cui anche quelli dell’opposizione, al fine di perseguire, con questo esecutivo, la finalità di fornire alla nostra Nazione gli strumenti per crescere e per questo il voto di Fratelli d’Italia è convintamente a favore”. Lo dichiara in aula il senatore di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo.
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Dico al ministro Crosetto che l’aumento delle spese per armamenti, addirittura fino al 3%, ruba il futuro ai nostri figli. Ruba risorse alla sanità, alla scuola, ai trasporti. L’aumento delle spese per le armi non ci renderà più sicuri, ma alimenterà conflitti e guerre, come la storia dimostra”. Così Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde, in merito alle dichiarazioni di Crosetto sull'aumento delle spese militari.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Il problema della situazione carceraria nel Paese è un problema che ogni giorno ci tocca da vicino, stiamo gia' predisponendo le dovute soluzioni. Abbiamo gia' definito il piano carceri e il commissario straordinario". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Criticità nel disegno di legge costituzionale non ve ne sono tali da alterare il testo, ma sarà seguito da una serie di leggi ordinarie. Per esempio, manca nella disegno di legge costituzionale la riserva per le quote cosiddette rosa, ma questo lo metteremo nelle leggi di attuazione che saranno leggi ordinarie. Anche il sistema del sorteggio potrà essere meglio definito. Ma una cosa e' certa: questa legge costituzionale non si modifica". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo, parlando delle dichiarazioni del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli che ieri, aveva parlato dei "punti di criticità della riforma del Csm" sui quali si e' appuntata anche l'attenzione della Commissione Ue, aveva sottolineato la necessita' di "un'approfondita riflessione.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Oggi in Turchia, parlando con il mio omologo, il ministro di giustizia turco, quando ho detto che probabilmente i magistrati italiani faranno uno sciopero, lui è rimasto sorpreso e mi ha domandato 'ma è legale?'. Se i magistrati vogliono fare lo sciopero che lo facciano, ma quello che è certo e che, senza alcun dubbio, noi andremo avanti perché e' un nostro impegno verso gli elettori". Lo ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio intervenendo in vdieocollegamento di ritorno dalla Turchia alla Giornata dell'orgoglio dell'appartenenza degli avvocati a Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - La separazione delle carriere dei magistrati "è un dovere verso elettorato perché lo avevamo promesso nel nostro programma e questo faremo. Il nostro e' un vincolo politico verso l'elettorato". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento, di ritorno dalla Turchia, alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo. "Io sto girando un po' dappertutto per redigere protocolli - ha proseguito il ministro -, e ogni qualvolta parliamo di separazione carriere ci guardano con un occhio perplesso perché in tutti gli ordinamenti del mondo questo è normale".