Ho letto le riflessioni di Peter Gomez sulla possibile candidatura di Ingroia alle elezioni politiche e condivido i principi generali enunciati, ma penso che essi possano andare bene in un Paese normale, non in una situazione emergenziale.
Questo paese ha da decenni una classe dirigente indecorosa. Siamo sommersi da macerie morali e materiali ed è una battaglia per la sopravvivenza dei valori e delle persone.
Quando c’è una guerra per la sopravvivenza tutti devono andare in battaglia. Nella battaglia istituzionale, se hanno competenze giuridiche tanto meglio e meglio ancora se o hanno avuto una visibilità, perché possono spenderla al nostro servizio, cioè per sostituire qualche crapulento e inutile (quando non corrotto) politicante che all’estero certo non ci invidiano.
Diciamoci la verità: gli onesti e preparati sono tanti, ma senza una visibilità dove possono arrivare? Senza partiti decenti che li candidino per il loro valore e l’apporto concreto che possono dare al Paese, quali possibilità effettive hanno di arrivare dove la giustizia e la legalità si possono fare tramite le leggi e non dovendo rimediare ogni giorno ai vuoti di leggi o a leggi ingiuste nei tribunali, nelle scuole, nelle associazioni e sulle strade?
Per questo, a prescindere dal prepensionamento cui sono stati costretti, non trovo sbagliato, come principio, che Ingroia e quelli come lui si candidino, oggi. Si spera solo che portino avanti anche dopo gli ideali che propugnano. E chi se ne importa di quelli che dicono che ci sono sotto secondi fini, tanto lo direbbero lo stesso, in un paese dove gli scoop infanganti sul nemico di turno se li inventano, grazie anche ad alcuni giornalisti che non fanno i politici ma, peggio, sono servi dei politici.
Una volta rimesso in sesto il paese potremo tornare a magistrati che fanno i magistrati e ai giornalisti che fanno i giornalisti. Con tanto di cappello, ovviamente, per coloro che comunque, fra mille difficoltà, continuano a svolgere bene la loro professione ogni giorno.