All'inaugurazione dell'anno accademico 2012-13, il rettore Alma Mater si scaglia contro le scelte del governo Monti: "Così regaliamo all'estero dottori di ricerca. La classe politica non è colta". Fuori la protesta dei laureandi: "Da Roma uccidono gli atenei e a Bologna che si fa? Si incentiva la meritocrazia. E' assurdo"
“Proprio in queste ore il Parlamento decide sul finanziamento all’università. Per l’Alma Mater si tratta di un taglio di 18 milioni di euro, per il sistema universitario si parla di 300 milioni in meno. Sopravviveremo, ma faremo meno e meno bene”. E’ il discorso dell’orgoglio, quello del Rettore Ivano Dionigi, ma anche del biasimo. Orgoglio per “colleghi e studenti che permettono all’Università di Bologna di spiccare nel mondo nonostante tutti i noti problemi”. Biasimo per la politica, “che non è colta e non capisce che regalare all’estero un dottore di ricerca costato allo Stato 500mila euro significa spingere al suicidio il paese”. Ad ascoltarlo, nel suo discorso di inaugurazione dell’anno scolastico 2012-2013, le massime cariche cittadine e universitarie.
Poi la protesta, molto composta, degli studenti del collettivo universitario Cua. Una di loro prende la parola per attaccare la meritocrazia. “I cartelli che abbiamo portato qui raccontano la gogna dei nostri tempi, la precarietà e l’impossibilità di immaginarsi un futuro”. Posizioni diversissime quella del Rettore e degli studenti, ma in qualche modo accomunate dalla critica ai tagli all’università. “Vogliono distruggere l’università – spiega la studentessa – ma l’Alma Mater che fa? Spinge per la meritocrazia, e per noi questo non è un sistema equo. L’unico merito per noi è quello di continuare a lottare, sebbene strangolati da un futuro sempre più incerto”. Sui cartelli le scritte: “Laureato in scienze politiche, lavoratore alla Coop”. E ancora: “Studente, 20 anni. Lavora per mantenersi: fuori corso non meritevole”. Riprende la parola il Rettore: “Hanno parlato studenti che non riconoscono il concetto di rappresentanza. Io sono per la meritocrazia, loro sono contrari. C’è però un’altra componente: quella del bisogno. Una componente che deve avere giustizia. Faccio riferimento all’articolo 34 della Costituzione”. Per intenderci quello che assicura ai capaci e ai meritevoli il diritto allo studio, e cioè “ borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”.
Una situazione che non è certo rosea, quella dell’Università di Bologna. Ed è lo stesso Rettore ad ammetterlo, spiegando che, nonostante i 18 milioni di euro di tagli, “l’Alma Mater non è in pericolo, mentre altri atenei sopravviveranno appena, altri ancora fingeranno di esistere. A Bologna – ha spiegato Dionigi – abbiamo un bilancio sano, non taglieremo didattica e ricerca e abbiamo creato un gruppo di lavoro per studiare l’ipotesi di un’espansione nell’area Staveco. Ma non c’è da gioire, potremo conservare quello che c’è ma non realmente crescere. Purtroppo la classe politica disattende i suoi principali doveri costituzionali tradendo così le future generazioni di giovani: non garantisce la salute, e non garantisce la ricerca e l’istruzione”.
Dopo il rettore tocca a Patrizia Manzo, rappresentante del personale tecnico amministrativo. “Ci sono alcuni problemi – spiega Manzo – il Cda non è più eletto ma nominato, e nelle facoltà sta aumentando il precariato. Serve un piano per stabilizzare i lavoratori”. E’ il turno dei 5 giovani ricercatori, scelti per la loro esperienza d’eccellenza. C’è ad esempio Paolo Bocchini, formato sotto le Due Torri e attualmente Assistant Professor presso il Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale della Lehigh University, negli Stati Uniti.
“Io e altri due miei colleghi abbiamo studiato a Bologna ma scelto di vivere e lavorare all’estero. Non è necessariamente un male. Il problema è che il flusso è ancora a senso unico. Molti se ne vanno, ancora nessuno viene in Italia. Dobbiamo essere in grado di attrarre talenti stranieri, e per fare questo anche l’Università di Bologna dovrà aprirsi di più, e non tendere a difendere i ricercatori formati internamente. Questo, lo devo dire, è una pratica un po’ incestuosa”. Per fortuna non c’è solo chi se ne va. Dopo una formazione all’estero, Michele Cicoli, 31 anni e un dottorato in fisica, ha accettato un posto da ricercatore a tempo determinato all’Alma Mater. “Sono felice di essere qui, ma dopo aver studiato a Cambridge, Amburgo e Trieste il mio contratto è ancora precario”. Critica anche Bruna Pieri, ricercatrice in lingua e letteratura latina che ha attaccato “il sistema di valutazione che spinge a pubblicare sempre più”, anche a discapito della qualità. Segno dei tempi: tra i cinque anche Wang Lebing, cinese 28enne, oggi docente a Pechino e nel 2009 dottorando in diritto all’Alma Mater.
La cerimonia si è chiusa con la consegna del Sigillum Magnum di Ateneo al senato Giovanni Bersani, classe 1914, ex partigiano e una vita dedicata alla politica.