Tra dieci giorni scadrà il piano Emergenza Nord Africa. E sulla gestione dei profughi arrivati dalla Libia, in prevalenza originari dell’Africa subsahariana, si rischia il caos. Perché i circa 17mila stranieri ospitati sul nostro territorio non sanno ancora che cosa ne sarà del loro futuro. Dal Viminale non è ancora arrivata infatti alcuna decisione ufficiale su cosa accadrà ai fondi che finora hanno permesso a circa 900 strutture in tutta Italia di fornire vitto e alloggio a chi nel 2011 è scappato dall’Africa settentrionale.
“L’intenzione del ministero dell’Interno è di garantire ancora qualche mese di accoglienza nei vari centri. Ma non è ancora stato deciso come farlo”, spiega Filippo Miraglia, della presidenza nazionale di Arci, una delle associazioni che hanno messo a disposizione strutture per ospitare i profughi. Finora lo Stato ha stanziato una media di 46 euro al giorno per ogni persona: in totale, da quando è iniziata l’emergenza, quasi 800 milioni. Ma le sovvenzioni si interromperanno il 31 dicembre, quando la gestione dei profughi passerà dalla Protezione civile al Viminale e alle prefetture sul territorio. “Sono necessari ancora alcuni mesi perché le persone possano essere accompagnate nella loro uscita dalle nostre strutture”, dice Oliviero Forti, responsabile Immigrazione della Caritas. Arci e Caritas sono due delle associazioni che hanno siglato le convenzioni per ospitare i profughi. Lo stesso è stato fatto da altre onlus, da strutture alberghiere e dai comuni che hanno messo a disposizione spazi per allestire centri di accoglienza.
In una circolare del 14 dicembre il ministero dell’Interno scrive di aver trovato i fondi per prorogare di ”almeno due mensilità” l’accoglienza, ma non spiega come. E’ prevista una drastica riduzione dei costi: dagli attuali 46 euro al giorno si dovrebbe passare a 15-20 euro e le comunità gestite dal Terzo settore dovrebbero sostituire le strutture alberghiere. A Comuni e prefetture con ogni probabilità verrà lasciato l’arduo compito di trovare centri disponibili ad accogliere i profughi dell’emergenza a un prezzo così basso, con il rischio che qualcuno possa finire per strada. Il decreto ministeriale che renda ufficiale la proroga delle sovvenzioni è atteso a giorni, mentre l’ordinanza della Protezione civile per chiudere la pagina dell’emergenza dovrebbe arrivare a gennaio. Nel frattempo un “periodo di sospensione”, che secondo l’associazione dei comuni Anci “potrebbe mettere a rischio la possibilità di rinegoziare le convenzione in atto e quindi la possibilità di ridefinire le modalità di accoglienza”.
Secondo Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, nessuno verrà lasciato per strada da un giorno all’altro. Ma Boldrini non nega di essere preoccupata: “Non è ancora chiara la exit strategy, ovvero quali misure verranno messe a punto per sostenere l’uscita delle persone dai centri di accoglienza. La proroga dello stanziamento va bene, ma deve essere accompagnata da una strategia, se no il problema viene solo posticipato”. I profughi, in mezzo a una strada, rischiano di finirci tra qualche mese quindi, a meno che non vengano attivate soluzioni come il rimpatrio volontario assistito o programmi di integrazione e di facilitazione al lavoro. Questa è anche il timore degli stranieri che nei giorni scorsi hanno protestato in diverse città. Come a Milano, dove lunedì sono arrivati in un centinaio davanti a Palazzo Marino per chiedere “più diritti e certezze per l’anno prossimo”. La situazione attuale è conseguenza dei ritardi del governo Berlusconi prima, e di quello Monti poi. La maggior parte di chi è fuggito dalla Libia non ha potuto ottenere asilo ed è rimasto a lungo senza alcuno status giuridico riconosciuto: la decisione dell’esecutivo di consentire la richiesta del permesso di soggiorno temporaneo per ragioni umanitarie, infatti, è arrivata solo a ottobre. “Se questa decisione fosse arrivato a inizio del 2012, lo Stato avrebbe risparmiato 30 milioni di euro al mese”, sostiene Miraglia. Il permesso di soggiorno è infatti necessario ai profughi per trovare un lavoro ed emanciparsi così dai centri di accoglienza. Un processo di emancipazione che invece è appena iniziato. E di certo non si concluderà il 31 dicembre.