John Kerry sarà il prossimo segretario di stato Usa. La nomina del senatore del Massachusetts era attesa e scontata, dopo che la scorsa settimana Susan Rice, ambasciatrice statunitense all’Onu, si era ritirata dalla rosa dei papabili per le polemiche legate all’attacco all’ambasciata americana a Bengasi. Kerry succede a Hillary Clinton, che da tempo aveva espresso la volontà di ritirarsi, almeno temporaneamente, a vita privata. Sessantanove anni, Kerry è da tempo particolarmente vicino a Barack Obama.
La carriera nazionale dell’attuale presidente nasce proprio grazie a Kerry, che nel 2004 gli diede il compito e il privilegio di pronunciare il keynote speech alla Convention democratica. Kerry fu poi uno dei primi notabili del partito ad appoggiare la sua candidatura nel 2008. In questi anni il senatore ha poi svolto una serie di importanti missioni democratiche su indicazione della Casa Bianca, in Afghanistan e poi in Siria. In occasione della campagna presidenziale 2012, è stato proprio Kerry lo sparring partner che ha preparato Obama ad affrontare Mitt Romney nei tre importanti dibattiti televisivi. La nomina a segretario di stato Kerry, attuale presidente della Commissione Esteri del Senato, corona una carriera pubblica iniziata con quattro anni di servizio in Vietnam e quindi con un periodo di militanza pacifista negli anni finali del conflitto. Proprio l’attività di militante anti-guerra contribuì a lanciare la sua carriera politica. Dopo una fase di lavoro come avvocato, e poi come vice-governatore in Massachusetts, Kerry venne eletto in Senato nel 1984. Da allora proprio la politica estera è stato il focus principale della sua attività.
Il momento forse più importante e internazionalmente noto della vita politica del senatore venne nel 2004, quando fu designato candidato democratico alla presidenza contro George W. Bush. La campagna ruotò quell’anno ancora sulle questioni di politica internazionale e lotta al terrore e il candidato democratico venne attaccato da Bush e dai repubblicani in quanto troppo debole e incapace di garantire la sicurezza degli Stati Uniti. A un certo punto della campagna emerse anche un gruppo, gli “Swift Boat Veterans for Truth”, che mise in dubbio il passato di Kerry in Vietnam, nonostante questi fosse stato insignito del “cuore di porpora”, un’alta onorificenza militare che premia atti di eroismo.
Kerry cadde sotto i colpi repubblicani anche per il suo essere senatore del Massachusetts, uno Stato percepito come particolarmente liberal rispetto al resto del Paese. Venne ridicolizzato il suo aplomb troppo sofisticato e persino il suo matrimonio con Teresa Heinz, ereditiera di un’impero industriale e finanziario fondato sul ketchup. In effetti il centro politico di Kerry era ed è tendenzialmente più progressista rispetto alla media dei senatori democratici. Il National Journal, sulla base dei voti espressi in questi anni, colloca Kerry all’undicesimo posto tra i senatori democratici più liberal. Pur essendo un cattolico devoto (si dice che giri sempre per comizi e missioni internazionali con un rosario in tasca), Kerry è favorevole all’aborto. Si è dichiarato a favore anche dei matrimoni omosessuali e ha espresso la sua contrarietà a qualsiasi privatizzazione del Social Security. E’ contrario alla pena di morte, con l’eccezione dei reati più gravi di terrorismo. Kerry deve a questo punto ricevere la conferma a segretario di stato da parte del Senato. Una conferma che pare scontata.
Più volte i senatori repubblicani, nei momenti più duri dello scontro sul nome di Susan Rice, si erano detti assolutamente disponibili a dare l’ok a Kerry, che in anni di vita politica ha costruito attorno a sé una rete di relazioni e un’aura di rispetto e considerazione. A un incontro con la stampa, John McCain ha oggi già chiamato Kerry, scherzosamente, “segretario”. Resta invece per il momento il mistero su altre due nomine che Obama dovrà fare nelle prossime ore: quella di direttore della Cia, un posto lasciato libero dopo lo scandalo “rosa” che ha coinvolto David Petraeus; e quella di segretario alla Difesa, per cui si fa con sempre più insistenza il nome dell’ex-sentore repubblicano Chuck Hagel.