Lo sfogo dell'unica assessora "in prestito" a Sinistra Ecologia e Libertà nella giunta di Bologna dopo che il leader la voleva nome blindato nel listino del Senato: "L'ho sentito incazzato, ma qui c'è ancora lavoro da fare. Sia chiaro, sono loro ad essersi candidati con la mia lista civica. Il referendum sulle scuole private? Sono contraria"
A Bologna se la ricordano tutti, accanto a Nichi Vendola e ai candidati della sua lista civica di sinistra che di lì a poco avrebbe raccolto 20 mila voti in città, e garantito al Pd il governo di Bologna per 5 anni. Dal palco di Piazza Maggiore, di fronte a 10mila persone, Vendola parlò di lei come “dell’eleganza di una grande passione civile. Amelia – concluse il numero uno di Sel – incarna questa idea”. E’ passato un anno e mezzo da quel maggio 2011, e sembra un secolo. E non certo per colpa di Vendola, che Amelia Frascaroli, oggi assessore al welfare sotto le Due Torri, l’avrebbe volentieri portata a Roma come capolista al Senato. Il gran rifiuto è arrivato proprio da Amelia, come la chiamano affettuosamente molti in città. “Gli ho comunicato la mia rinuncia – ha spiegato Frascaroli all’agenzia Dire – e l’ho trovato dispiaciuto e affaticato, diciamo abbastanza incazzato“.
Un siluro politico arrivato all’ultimo momento, dopo che per ore il sì alla candidatura sembrava cosa fatta. Il risultato è un partito sull’orlo di una crisi di nervi e, a pochi giorni dalle primarie, ancora senza personalità locali di spicco da proporre agli elettori.
Un rifiuto arrivato “perché il lavoro amministrativo mi piace e mi appassiona”. Sarà. Restano però le precisazioni di Frascaroli, pesanti come pietre e arrivate dopo giorni di fuoco amico. Da chi le ricordava che “serietà è prima di tutto rispettare gli impegni con gli elettori ”, come il consigliere regionale di Sel Gian Guido Naldi, a chi l’ha definitiva senza mezzi termini una “paracadutata”, come il candidato alle primarie di Sel Paolo Soglia. In mezzo un’infinità di distinguo e bocciature di una candidatura considerata “corpo estraneo” dalla base del partito, e che invece rientrava nei piani di Vendola da tempo.
E così dopo il “no” al senato, Frascaroli si è tolta i proverbiali sassolini dalle scarpe. “Deve essere chiara una cosa – ha detto all’agenzia Dire – Io non sono il loro assessore, sono loro che si sono candidati con la mia lista civica, a cui hanno aderito. Politicamente ho un’appartenenza larga alla sinistra, ma decido e scelgo secondo coscienza”. Tradotto: “Alle primarie del centro sinistra voterò Sandra Zampa del Pd”. Un ritorno a casa per Frascaroli, vicinissima al clan Prodi, lanciata dal suo entourage alle scorse elezioni comunali, e ora tornata di nuovo “prodiana doc” con la scelta di Zampa, portavoce storica del Professore.
Parole, quelle di Frascaroli, che lasciano una rovina politica dietro di sé, e che azzerano il progetto che Vendola voleva portare a Roma, dopo il successo bolognese. Cioè l’aggregare i voti dei cosiddetti orfani della sinistra e dei moderati cattolici. Un esperimento cucito attorno alla figura di Frascaroli, cattolica ma non legata alle gerarchie ecclesiastiche, un passato nella Caritas e capace di mettere assieme nella stessa lista elettorale (comunale) esponenti dei centri sociali, ecologisti, vendoliani e società civile. Una suggestione che non c’è più,forse perché mai del tutto assimilata dai militanti di Sel, e il fuoco di sbarramento del partito a livello locale lo dimostra. A sentire Frascaroli il fallimento sarebbe invece stato causato “dai giochini di partito. Ma Sel – ha spiegato – è un partito inesistente a livello di territorio, non basta esserci quando si vota per dirsi tale. La base chiede delle cose, ma il partito non è in grado di creare connessione tra società civile e progetto politico. Forse è un problema di Sel, forse della stessa forma partito. Noi e loro comunque non ci siamo mai amalgamati”.
“Sono amareggiato – ha scritto in una lettera aperta il coordinatore bolognese di Sel, Luca Basile – Le tue parole rischiano di ferire tante persone”. “Che Vendola sia dispiaciuto posso capirlo e condividerlo, – dice lapidario Naldi – quanto al radicamento territoriale lo vedremo alle elezioni. A me pare che Sel a Bologna sia una realtà viva e interessante”. Frascaroli invece, in tarda serata, pubblica un commento su Facebook: “Dove servo, servirò. Ho deciso di non prendere il treno per Roma ben prima delle chiassose valutazioni fatte da alcune parti di Sel Bologna. Sarebbe stato troppo facile andarmene. I problemi sono qui, sono tanti e, per certi versi, irrisolvibili. Tali problemi voglio assumermeli tutti e personalmente. Sono stata eletta per questo”.
E i problemi, da oltre un anno e mezzo, sono davvero tutti lì ad attenderla. A cominciare dalla trasformazione non più rinviabile di quel welfare cittadino un tempo orgoglio del Pci e ora piegato dalla crisi, dai tagli, e da precedenti riforme pasticciate. Non solo: ci sono le condizioni lavorative degli educatori definite “vergognose” dal consigliere comunale di Sel Cipriani, il piano freddo da gestire, l’accoglienza dei profughi della Libia, fino ad oggi ospitati in uno stabile fatiscente dalla Croce Rossa (“ma il Comune non ha avuto nessun ruolo in questa gestione, eravamo tagliati fuori”), la sussidiarietà targata Pd che prevede l’esternalizzazione di sempre più servizi verso cooperative e associazioni (“e su questo c’è ancora tutto da discutere. Non rientra nel mio orizzonte culturale”). Tutti problemi sui quali l’assessore si è fatta notare più per il proprio silenzio che per le soluzioni fin qui proposte. “Se non parlo è perché lavoro. Vi racconterò qualcosa a progetti ultimati”.
Infine c’è il referendum sul milione di euro che ogni anno dalle casse comunali passa in quelle delle scuole paritarie private, quasi tutte cattoliche. Sulla questione Sel ha più volte incalzato il Pd – contrario a interpellare gli elettori sulla questione – e ora appoggia con decisione il referendum, ormai in dirittura d’arrivo. La civica Frascaroli fino ad ora sembrava rimasta in disparte, dopo aver dichiarato un anno e mezzo fa la propria contrarietà a un eventuale aumento dei fondi alle scuole private. Oggi la presa di posizione che l’allontanerà ancor di più da Sel: “Non ho nessun problema a dirlo – spiega a ilfattoquotidiano.it – Quel referendum è sbagliato, farà sprecare altri soldi in un mento di crisi e poi dove finiranno i bambini esclusi? Vanno bene i principi ma qui abbiamo 1500 bambini che potrebbero idealmente restare senza scuola se passasse quel quesito. No, non è proprio il momento di votare su questo.”