L’effetto plastico della disponibilità di Mario Monti ad assumere la premiership delle forze che si riconosceranno nella sua agenda o meglio nel “programma per l’Italia” si è materializzato nella sceneggiata senza precedenti del Silvio furioso ospite, non di Michele Santoro, ma di Massimo Giletti a Rai 1 che, benché non sia propriamente un giornalista d’assalto, non si è fatto impressionare più di tanto.
Evidentemente anche questo è un segno tangibile di come la sesta discesa in campo sia fuori tempo e oltre la sopportazione dell’ italiano medio.
La penosa scena madre, con quattro “alzate” dalla poltrona contro “una disinformazione che non le rende onore” e l’invito ad imparare dalla D’Urso rivolto rabbiosamente al conduttore di Protagonisti a Domenica In è andata in onda quasi contemporaneamente all’intervista pacata e puntuale di Monti da Lucia Annunziata.
Alla fine bisogna riconoscere che nonostante “i pugnali di Arcore”, lo sbarramento del Colle, le accuse di D’Alema di essere addirittura “immorale” o chissà, magari stimolato da tutta questa serie di ostacoli e minacce, il professore un po’ di coraggio se l’è dato e nella sua conferenza di commiato ha parlato pur nel suo stile felpato in modo assolutamente chiaro.
E ha “lanciato il sasso” richiamandosi a De Gasperi con un’agenda“erga omnes”, come ha sottolineato, ma in assoluta ed inequivocabile rotta di collisione con quella di Berlusconi, se così si può definire l’accozzaglia di bufale e di offese all’intelligenza del suo repertorio televisivo quotidiano.
Infatti Angelino l’ex delfino ritornato nei ranghi di segretario particolare del capo ha immediatamente dichiarato che “l’atteggiamento di Monti preclude qualsiasi convergenza con il Pdl”.
Il metodo irrituale ed innovativo di Monti per rimanere in gioco in vista della realizzazione di un programma liberale e liberista, di cui Berlusconi si riempie la bocca da vent’anni facendo l’esatto contrario, è quello di consultazioni pubbliche e aperte che coinvolgano la società civile “con il linguaggio della verità”.
Nelle prime caselle dell’agenda vuole mettere una seria disciplina del conflitto di interessi e vuole andare avanti sul fronte della giustizia dove avrebbe voluto interventi molto più radicali sia in materia di incandidabilità che di misure anticorruzione,”ma i gusti dei partiti non coincidevano affatto”. Insomma sembra che in sintesi abbia voluto ammettere che introdurre misure serie all’insegna della legalità e della trasparenza con il sostegno del partito dell’impunità non era alla portata di nessuno.
Naturalmente non è mancata nè in conferenza stampa e nemmeno nell’intervista a In mezz’ora è la domanda su quanto la scelta di essere premier di una coalizione sia in contrasto con il Quirinale, come se, fatta salva l’incandidabilità, Mario Monti dovesse adeguarsi a tutti i desiderata del Capo dello Stato. La risposta quasi scontata è stata l’assunzione di responsbilità per la propria scelta con la seguente nota a margine: “Non prendere nessuna iniziativa sarebbe il modo più certo per future carriere nello Stato”.
Adesso bisognerà vedere quanto di queste intenzioni potrà tradursi in fatti e soprattutto se esiste veramente una serie di forze di centro destra ma anche di fuoriusciti o “frange” del Pd, di liste come quella di Montezemolo e di Oscar Giannino interessate veramente a consegnare il berlusconismo alla cenere e a realizzare il programma minimo dei sedicenti moderati in qualsiasi democrazia occidentale.
Intanto lasciamo Berlusconi, mai tanto livido e comprensibilmente rabbioso, al suo monologo mediatico ininterrotto contro i traditori aspiranti “ministri alle fogne” come Fini, nonché contro “il boiardo di stato” capo dei comunisti e contro il leader del M5S che confermerebbe la nostra discendenza dalle scimmie. Ma in cima a tutti, c’è l’innominabile Monti che da “leaderino qualsiasi” si è trasformato immediatamente in “un incubo”.