Il concetto di limite ha una moltitudine di declinazioni: esiste un limite in matematica, un limite nell’arte, uno in filosofia che ovviamente ci dà anche la definizione più utile. Il limite ha quindi due accezioni: una positiva, dove il limite è l’ambito entro cui si ha la certezza di agire, di essere. L’altra negativa, per cui il limite è ciò che ci ostacola, che ci stringe entro confini.
Ma il limite di cui voglio parlare oggi risale al 1972 e si tratta di uno studio, il “Rapporto sui limiti dello sviluppo”, tratto dal famoso libro “The Limits to Growth” – I limiti dello sviluppo- commissionato dal MIT al Club di Roma. Che, in estrema sintesi, diceva:
- Se l’attuale tasso di crescita della popolazione, dell’industrializzazione, dell’inquinamento, della produzione di cibo e dello sfruttamento delle risorse continuerà inalterato, i limiti dello sviluppo su questo pianeta saranno raggiunti in un momento imprecisato entro i prossimi cento anni. Il risultato più probabile sarà un declino improvviso ed incontrollabile della popolazione e della capacità industriale.
- Tuttavia è possibile modificare i tassi di sviluppo e giungere ad una condizione di stabilità ecologica ed economica, sostenibile anche nel lontano futuro. Lo stato di equilibrio globale dovrebbe però essere progettato in modo che le necessità di ciascuna persona sulla terra siano soddisfatte, e ciascuno abbia uguali opportunità di realizzare il proprio potenziale umano.
Era il 1972 e queste conclusioni furono il frutto di analisi fatte con strumenti “preistorici”: senza i moderni supercomputer, senza satelliti, senza Internet. Eppure da allora poco o nulla è stato fatto, anzi come sul Titanic, stiamo ballando tranquilli mentre già s’intravede l’iceberg. La cosa più grave, però, è che in questo caso l’iceberg ce lo avevano segnalato per tempo.
Come dicevo nello scorso post, dobbiamo passare dal concetto di “save the planet” a quello di “save the umans”, e per fare questo dovremo necessariamente iniziare a convivere con una nuova cultura del limite.
Esiste un limite alla velocità della tua autovettura ed un limite alle ore che puoi lavorare, un limite alle parole che puoi dire e agli affetti che puoi ricevere o dare. Esiste un limite al numero di mail a cui si può rispondere in un giorno, al numero di libri che puoi leggere, al numero di cose che puoi acquistare.
Trasformare la consapevolezza dei molti limiti in una risorsa è la vera sfida, sapere che abbiamo un solo pianeta a disposizione, una sola vita e spesso una sola opportunità, ci può aiutare a concorrere al progetto “save the humans”. Ricordando sempre ciò che diceva Albert Einstein: “Solo due cose sono infinite, l’universo e la stupidità umana. E non sono sicuro della prima”.