Resta la domanda: che cosa spinge chi governa a puntare sull’industria del mattone? Miopia, talvolta. In Veneto ci sono interi paesi di case vuote. In Italia c’è un record di proprietari di abitazioni mentre la popolazione continua a calare (in alcune cittadine delle nostre Alpi il 95% delle case sono vuote) e acquista sempre meno immobili (a causa della crisi e delle tasse). Difficile pensare che si vogliano dare abitazioni ai bisognosi, perché in Italia solo il 4% degli appartamenti nuovi sono destinati all’edilizia convenzionata (nel nord Europa si arriva al 25%). Per costruire quattro case popolari bisogna realizzarne sei volte più che altrove.
Il cemento come motore dell’economia e del lavoro? Falso. Questo settore offre occupazione a breve termine – legata alla realizzazione del progetto – e di solito poco qualificata. Ma il mattone rischia anche di divorare la principale industria del nostro Paese: il turismo che produce il 15% del Pil. Insomma, preservare il paesaggio conviene anche economicamente.
Ma allora perché l’Italia punta sul cemento? Miopia, appunto. O peggio: i grandi costruttori hanno santi in paradiso, anzi in Parlamento. Tra i grandi imprenditori autostradali ecco esponenti del centrodestra. Al Nord tra i costruttori invece dominano le cooperative dette “rosse”. Insomma, sostenere il cemento conviene. Anche politicamente: molti re del mattone hanno le mani nell’editoria, dai giornali locali ai colossi nazionali. Sostenerli potrebbe voler dire garantirsi l’appoggio dell’informazione. Cioè voti. Siamo sempre lì.
Il Fatto Quotidiano, 27 dicembre 2012