Per la Corte dei Conti l'amministrazione - sciolta per contiguità con la mafia a ottobre - è a rischio dissesto. Così è in bilico la corsa elettorale del presidente della Regione (ed ex sindaco) perché, in caso di certificazione del rosso, la legge lo vieta
Il Comune di Reggio Calabria è un “ente decotto”. La Corte dei Conti non ha dubbi sulla situazione finanziaria di Palazzo San Giorgio, fortino di quel “modello Reggio” che il governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti sta “esportando” alla Regione. La delibera 309 emessa dai giudici contabili il 21 dicembre è un macigno che pesa su un’intera generazione di politici in riva allo Stretto. Su quella stessa classe dirigente di centrodestra che ha guidato l’amministrazione di Reggio dal 2002 allo scorso ottobre quando il ministro Annamaria Cancellieri ha sciolto l’amministrazione per contiguità mafiosa.
Senza giri di parole: la carriera politica di Scopelliti e dei “Peppe boys” che, con lui hanno guidato la giunta comunale di Reggio per 10 anni, è appesa a un filo che si chiama “dissesto”. Proprio adesso che il governatore aveva deciso di candidarsi alle politiche nella lista “Coca Cola” che porta il suo nome (“Scopelliti presidente”), collegata al Popolo della Libertà. Una sorta di salvacondotto che i giudici contabili possono chiudere qualora venisse dichiarato lo stato di default a Palazzo San Giorgio.
Quanto scrive la Corte dei Conti, infatti, non necessità di essere interpretato: “I dati relativi al rendiconto 2010 evidenziano la presenza di residui passivi (obbligazioni a carico del Comune) per un ammontare di euro 679.244.753”. E ancora: l’amministrazione Scopelliti prima e quella del sindaco Demetrio Arena dopo sono state caratterizzate da una “gestione arbitraria e pervicacemente impegnata ad aggirare ogni controllo di legittimità”.
I numeri fanno paura: solo negli ultimi quattro anni al Comune di Reggio si sono registrati 31.733 contenziosi giudiziari, 26mila citazioni davanti al giudice di pace, 895 citazioni davanti al Tribunale civile, 517 ricorsi al Tar, 760 decreti ingiuntivi, 476 procedimenti penali; 2.771 pignoramenti. Solo queste voci, in bilancio rappresentano 215 milioni di euro al netto degli interessi e delle spese legali.
Intanto la città è sul lastrico: ritardi negli stipendi dei dipendenti comunali che, a metà dicembre, non sapevano quando sarebbe stata accreditata la tredicesima. La commissione straordinaria raschia il fondo di un barile svuotato dalla politica che, adesso, pensa già a come riposizionarsi in vista delle elezioni politiche. Il progetto di Scopelliti è quello di candidarsi, come capolista, al Senato.
Aspirazioni per il rais del Pdl che, oggi, con la delibera della Corte dei Conti potrebbe mettere in discussione. I giudici contabili, infatti, rimandano alla legge 213 del 2012 secondo cui “gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto, anche in primo grado, responsabili di aver contribuito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati”. Né, per la stessa legge, sono ricandidabili sindaci, presidenti di Provincia e di Regione a nessuna carica, da consigliere comunale a parlamentare europeo.
Il dissesto, quindi, sarebbe una iattura per Scopelliti. già rinviato a giudizio per falso in atto pubblico e abuso d’ufficio nel processo per il “caso Fallara” che prende il nome dall’ex dirigente del settore Finanze morta nel dicembre 2010 dopo aver ingerito acido muriatico.
Una mannaia al momento sospesa poiché, stando a quanto scritto nella delibera, bisognerà attendere la decisione del presidente della Corte dei Conti che dovrà stabilire se le recenti leggi votate in Parlamento possano provocare “la sospensione o interruzione o arresto tout court dell’intera procedura di dissesto guidato, indipendentemente dalla fase procedurale in cui sia giunta e dunque anche qualora siano già proceduralmente emersi sia l’inadempimento delle misure correttive che la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per la dichiarazione di dissesto finanziario”.