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Ultimo volo della morte nella memoria dell’Argentina

Molti di coloro che assassinarono con gli orrendi voli della morte prigionieri indifesi, non riescono a non trattenersi dal raccontare ciò che fecero, alcuni per vantarsene e altri per alleggerire il peso che grava sulla coscienza. Inoltre le indagini su questo metodo – che la Chiesa Cattolica definì una forma cristiana di morte per il fatto che i prigionieri venivano prima drogati e non soffrivano – non sono state svolte dalla giustizia, ma dal giornalismo. Da un mese 6 membri degli equipaggi dei voli della morte vengono giudicati a Buenos Aires assieme a 68 membri della Marina militare, della Guardia costiera e della Polizia. Il 28 novembre è iniziato il mega-processo per i reati commessi in uno dei più infami lager della dittatura civile-militare, la Scuola dei sottufficiali del Genio dell’Esercito, nota come Esma (Escuela de mecánica de la Armada). Il processo, che durerà diversi anni, vede sul banco degli imputati 68 membri della Marina militare accusati di privazione illegittima della libertà, torture e assassinio di 789 vittime. Nel corso del processo i 3 giudici che compongono la Corte ascolteranno quasi mille testimoni. L’anno scorso altri 16 responsabili erano già stati condannati a pene variabili dai 18 anni all’ergastolo per i reati commessi da membri dell’Esma. Questa è la prima volta che alla sbarra si trovano 6 dei membri degli equipaggi di alcuni dei voli della morte durante i quali i prigionieri venivano gettati nel Rio de la Plata o in mare. Due dei 4 giornalisti che indagarono su tali fatti furono internati nell’Esma e uno vi morì.

Ho pubblicato il primo scritto su questo argomento clandestinamente alla fine del 1976. Lo scritto, intitolato Storia della sporca guerra in Argentina, comincia con l’apparizione dei cadaveri gettati nel fiume e non parla di aerei, ma di navi. Nel 1977 Rodolfo J. Walsh approfondì l’argomento con la sua Lettera aperta alla giunta militare inviata per posta nel giorno in cui ci fu il primo anniversario del golpe militare e poche ore prima di essere arrestato. I testimoni dicono che sia arrivato morto all’Esma. Nella lettera, giudicata da Gabriel García Márquez magistrale esempio di giornalismo, Walsh precisò che si trattava di voli e indicò anche alcune delle basi utilizzate. Walsh oltre che importante giornalista fu anche un brillante narratore. Il suo racconto Quella donna (nel quale fa parlare il colonnello che sequestrò il cadavere di Evita), fu votato come il migliore mai scritto in Argentina, dopo Borges e Cortázar. Nel 1995 ho pubblicato il libro, Il volo, con la confessione del capitano della Marina, Adolfo Scilingo, il primo a riconoscere di aver assassinato in questa maniera 30 persone in due voli. Scilingo riparò in Spagna dove fu fatto arrestare dal giudice Baltasar Garzón e nel 2007 fu condannato all’ergastolo dall’Audiencia Nacional. Si trova in carcere anche l’avvocato Gonzalo Torres de Tolosa, che Scilingo indicò come civile, parente di uno dei comandanti delle forze navali, che si faceva passare per membro della Marina al solo scopo di partecipare alle torture e ai voli.

Il pilota che si vantava di aver partecipato ai voli

L’anno dopo la condanna di Scilingo a Madrid, il figlio di un sottufficiale della Marina militare che aveva letto il libro mi fornì il nome di un pilota della compagnia Aerolineas Argentinas che con i colleghi all’aeroporto si vantava di aver preso parte ai voli della morte. Dal momento che stavo lavorando ad altre cose, passai l’informazione a uno dei giovani giornalisti più promettenti, Diego Martínez, che rintracciò l’uomo, Ricardo Ormello, e ricostruì la sua storia. Intervistò numerosi ex colleghi di Ormello delle Aerolineas Argentinas i quali testimoniarono fornendo informazioni sostanzialmente identiche a quelle già fornite da Scilingo. I detenuti arrivavano all’aeroporto come in stato di ubriachezza, ma comunque in grado di camminare e di salire sull’aereo. A bordo si somministrava loro un’iniezione di Pentothal (che i i membri della Marina avevano ribattezzato “pentonavale”) e “quando ci avvertivano cominciavamo a trascinarli e li gettavamo dal portello”. Queste testimonianze furono confermate dinanzi all’autorità giudiziaria. Martínez scoprì anche il luogo nel quale si trovavano diversi aerei impiegati 30 anni prima per commettere questi crimini. Miriam Lewin, che fu arrestata e torturata all’Esma quando era poco più che adolescente, oggi è una popolare giornalista radiotelevisiva. Miriam trovò negli Stati Uniti un altro degli aerei e riuscì a entrare in possesso di una copia della “storia tecnica dei voli” con i particolari di ogni volo: orario, luogo di partenza,destinazione, durata e nome del comandante. Il programma che realizzò è stato presentato un anno fa al festival della rivista Internazionale a Ferrara. Intervenne poi la magistratura e, su richiesta del pubblico ministero, la Guardia Costiera consegnò 2.758 piani di volo registrati tra il 1976 e il 1978. Un minuzioso studio di questi piani, portato avanti contemporaneamente da Miriam Lewin e dalla magistratura, permise di individuare 11 voli che coincidevano con la descrizione di Scilingo. Uno di questi era partito da Buenos Aires il 14 dicembre del 1977 alle 21 e 30, aveva volato per 3 ore e 10 minuti senza passeggeri ed era arrivato al punto di partenza. È il solo volo il cui obiettivo dichiarato era la “navigazione aerea notturna”. Il caso vuole che quel giorno, due ore prima del decollo dell’aereo, due suore francesi detenute nell’edificio dell’Esma furono fotografate nei sotterra-nei dove si eseguiva la tortura vicino a una falsa bandiera dei Montoneros allo scopo di mettere su una falsa pista l’indagine sul sequestro che creava imbarazzo al governo francese e al Vaticano. Secondo i superstiti, quella fu l’ultima volta che le suore furono viste nel luogo di prigionia. Il corpo di una delle suore e quelli di due delle fondatrici del movimento delle Madri di Plaza de Mayo, furono identificati dagli antropologi forensi nel 2004: erano state sepolte come “ignote” ma le correnti restituirono i loro resti su una spiaggia dell’Atlantico nel dicembre del 1977. La perizia forense dice che le ferite sono compatibili con quelle che ci si procurerebbe cadendo in acqua da una notevole altezza. I membri dell’equipaggio di questo volo lasciarono la Guardia Costiera e si fecero assumere come piloti dalle Aerolineas Argentinas. Riuscii a entrare in possesso dei fascicoli e il cerchio si chiuse. Nel 2011 furono arrestati anche i piloti Enrique José de Saint Georges, Mario Daniel Arru e Alejandro Domingo D’Agostino. Prima ancora che per l’intervento della giustizia si arriva alla verità grazie all’incontinenza verbale dei boia e alle inchieste giornalistiche. Gli altri due piloti attualmente sotto processo furono anch’essi vittime del proprio narcisismo. Uno di loro viveva in Olanda dove faceva il pilota per la compagnia Transavia. Durante una discussione sul viceministro del governo militare, Jorge Zorreguieta, la cui figlia, Maxima, si era sposata con il principe ereditario olandese, il pilota argentino che viveva in Olanda dal 1988, parlando dopo pranzo in occasione di uno scalo a Bali con alcuni colleghi olandesi, raccontò quello che aveva fatto. Quando uno di loro lo commiserò, l’argentino giustificò i crimini dicendo: “Voi non capite. Era una guerra contro i terroristi di sinistra che non meritavano sorte diversa”. “Perché i corpi non furono restituiti alle Madri di Plaza de Mayo che li reclamavano?”, chiese con insistenza un altro olandese. “Dovevano aver saputo che i loro figli erano terroristi. Avremmo dovuto ucciderli tutti”, disse. “È un modo disumano di ammazzare la gente”. “Erano drogati”. Il pilota argentino arrivò a descrivere come erano andate le cose. Secondo altri commensali il pilota argentino allungò il braccio destro e poi lo piegò di lato. La storia giunse alle orecchie di un’esule argentina in Olanda che nel 2008 parlò con Diego Martínez e con me. All’epocasapeva solo che il nome dell’ufficiale di marina era Poch. Però nella Marina militare argentina c’erano sette ufficiali con questo nome. Comunicammo tutti i nomi e furono individuati Julio Andres Poch, sposato con l’olandese Elsa Margarita Nyborg Andersen, che viveva nella cittadina di Zuidschermer. Nel mio ufficio di Bue-nos Aires ricevetti una delegazione di agenti di polizia e magistrati olandesi che volevano altre informazioni su Poch. Successivamente un magistrato argentino si recò in Olanda e riuscì a farsi rilasciare una dichiarazione confidenziale da quanti avevano assistito alla confessione di Poch. L’Argentina chiese l’estradizione di Poch, ma per l’Olanda era difficile concederla in quanto aveva doppia nazionalità. La soluzione consisteva nell’arrestarlo in un altro paese. Nel 2009, Poch fu arrestato a Valencia quando atterrò per quello che sarebbe stato il suo ultimo volo prima di dimettersi. Quando l’Argentina chiese l’estradizione alla Spagna, i due piloti olandesi confermarono la conversazione con Poch e successivamente arrivò anche la testimonianza di un terzo pilota. Successivamente il pilota olandese disse che un figlio di Poch, che come il padre faceva il pilota per la Transavia, gli aveva chiesto di dichiarare che suo padre aveva parlato in maniera generica di quanto avevano fatto gli ufficiali della marina e che la sua non era stata una confessione personale, ma l’olandese aveva opposto un diniego e aveva raccontato la verità su come si erano svolti i fatti.

Le vite tranquille dei colpevoli coperti dalle Forze armate

L’ultimo dei piloti sotto processo è Emil Sisul Hess, suo vero nome sebbene sembri un nome di fantasia. Nel 1991 andò in pensione come pilota della Marina e divenne gestore di un complesso turistico a Villa La Angostura, un luogo tra i più belli del mondo con laghi e montagne nel sud dell’Argentina. Prima Diego Martínez e poi un magistrato parlarono con quanti lo avevano sentito raccontare “con tono divertito di come le persone chiedevano pietà e pregavano” prima di essere gettate nel Rio de la Plata. Un altro teste dichiarò che Hess “parlava con rabbia e risentimento. Aveva bisogno di parlare. Era un uomo molto tormentato”. Quando questo teste gli chiese se provava pena per queste persone, Hess replicò che non avevano sofferto perché erano sotto l’effetto di sedativi, quasi la stessa frase utilizzata dalla gerarchia ecclesiastica per giustificare la mostruosità delle azioni dei capi e dei colleghi di Scilingo. “Cadevano come formichine”, si vantò Hess. I membri della marina responsabili dell’assassinio di Walsh, delle suore francesi e delle Madri di Plaza de Mayo furono condannati al termine del processo del 2011.

I giudizi iniziarono nel 1984, ma dopo la condanna dei membri della prima giunta militare, tra cui il generale Jorge Videla e l’ammiraglio Emilio Massera, furono interrotti a seguito di una serie di leggi e decreti di indulto tra il 1986 e il 1990. Proseguirono solo i processi per il rapimento di neonati, reato questo che non fu mai condonato. Grazie alla confessione di Scilingo ebbero inizio in tutto il paese i cosiddetti “giudizi per la verità”. Nel 1998, all’avvicinarsi del cinquantenario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, l’arresto a Londra del dittatore cileno Augusto Pinochet servì da stimolo ai magistrati argentini che presero la medesima iniziativa nei confronti di Videla, Massera e una cinquantina di persone che avevano sottratto i figli ai detenuti-desaparecidos. Il Centro Studi Giuridici e Sociali, l’organismo a tutela dei diritti dell’uomo che presiedo dal 2000, chiese l’abrogazione delle leggi del puntofinal e della obedienciadebida e le leggi furono abrogate all’avvicinarsi del 25° anniversario del golpe militare. Nestor Kirchner fu il primo presidente che invece di opporsi alla richiesta di processare i colpevoli, la appoggiò e nel 2005 la Corte Suprema ratificò l’incostituzionalità di tutti i provvedimenti di legge che avevano consentito ai colpevoli di farla franca. Da allora nel corso dei processi avviati in tutto il paese sono stati già condannati 300 autori dei crimini dello Stato terrorista. Ci sono state 24 assoluzioni, a riprova del fatto che nei tribunali si osservano la presunzione di innocenza e le norme del giusto processo.

(Traduzione di Carlo Antonio Biscotto)

Il Fatto Quotidiano, 27 dicembre 2012