A Reggio Emilia il manager di Ligabue sogna di gestire privatamente 300 mila metri quadri, senza raccogliere troppo entusiasmo da Delrio. A Bologna, Merola mette a bando i 270 mila metri quadri dove già l'Arci Estragon organizza mega concerti. In gioco il futuro dei più grandi live musicali all'aperto dell'Italia intera
Madonna e Bruce Springsteen in concerto, d’ora in avanti, dovranno per forza passare dall’Emilia Romagna. Destinazione Campovolo a Reggio Emilia o Parco Nord a Bologna. Questi i nomi delle due Arene Grandi Eventi che il 2013 porterà sull’agenda dei tour manager di mezzo pianeta per i live musicali italiani. Due cittadelle del rock dal vivo, due idee di accoglienza outdoor per le future Woodstock del Nord Italia, o addirittura per l’intera penisola, a nemmeno 90 chilometri di distanza l’una dall’altra.
La riqualificazione dello spazio reggiano da 300 mila metri quadri, nasce da un’idea dei manager di Ligabue, Claudio Maioli e Ferdinando Salzano, che sull’onda del successo di Italia Loves Emilia del settembre scorso, vogliono gestire privatamente l’intera area di Campovolo, destinandola a concerti da 25 mila a 100 mila persone, luogo che altrimenti manterrebbe la sua destinazione d’uso d’area verde. La seconda riqualificazione, quella bolognese da 240 mila metri quadri di terreno, è stata appena messa a bando dal Comune di Bologna per 80 mila euro l’anno di canone, su cui ha automaticamente posato gli occhi il circolo Arci Estragon che all’interno del Parco Nord ha già la sua sede fissa e che lì ha portato solo l’estate scorsa in concerto i Radiohead.
Solo che mentre per l’arena bolognese la strada è tutta in discesa, vista l’imminente presentazione del bando e la pressoché impossibile concorrenza nella gestione dell’area da parte di altri privati che non sia l’Estragon; per l’immensa area reggiana dopo l’iniziale entusiasmo, la giunta Delrio comincia a defilarsi lasciando Maioli e Salzano con parole che fanno pensare al naufragio dell’iniziativa.
Parco Nord, il nuovo spazio per la Movida bolognese targato Pd. Ambivalente ma vincente. Questo in sintesi il significato che va attribuito all’area comunale bolognese denominata Parco Nord, sede che da decenni ogni settembre della Festa dell’Unità, o festa Democratica, e che dal 2006 ospita la sede del circolo Arci Estragon. Uno spazio oramai dedicato ai live musicali invernali, 1000 metri quadrati per più di 1500 persone al coperto, a cui si aggiunge nel mese di settembre la storica Arena a forma di anfiteatro servita in passato per i comizi politici di Occhetto e D’Alema.
Con il bando del Comune di Bologna, che in queste ore diventerà realtà, l’area verrà data in gestione per 30 anni con un canone d’affitto di 80 mila euro l’anno. Praticamente la giunta Merola vuole fare cassa indirizzando i futuri “affittuari” verso quell’idea di Movida fuori dal centro città che sgonfierebbe malumori, vandalismi e caos che hanno imperversato nelle zone universitarie e centrali di Bologna per parecchio tempo senza trovare una soluzione amministrativa che salvasse inquilini infuriati e giovani ‘casinari’.
“Un passaggio inevitabile se no chiudiamo. L’Estragon ha bisogno di lavori seri di manutenzione a riammodernamento”, spiega Lele Roveri, patron dell’Estragon e responsabile Pd delle Feste dell’Unità, “Non abbiamo le spalle abbastanza grosse, ma parteciperemo al bando allargando la proposta ad altri soggetti privati perché oltre al canone annuale l’Estragon aperto 365 giorni filati, 24 su 24, ha almeno 200 mila euro di costi di gestione all’anno”.
Ma è sulla possibile concorrenza a poche decine di chilometri del Campovolo targato Maioli/Ligabue che Roveri si sbilancia: “Non esiste concorrenza, anche perché vedo che loro hanno problemi politici più a monte. Noi avremo anche il compito di riqualificare socialmente un’area spesso lasciata andare: siamo a 200 metri dall’uscita dell’autostrada, abbiamo un’infinità di parcheggi, oggettivamente con tutto il bene che voglio a Reggio Emilia non c’è storia, Bologna è snodo stradale e geografico cruciale per l’Italia e noi come Parco Nord siamo al centro del centro”.
“Noi vogliamo ampliare l’Arena all’aperto passando dai 25 mila di capienza a 40 – 50 mila”, chiosa Roveri, “Tanto ci sarano 3, 4 artisti in tutto il mondo che fanno 100 mila persone a concerto. A Bruce Springsteen convengono più due- tre date da 40 mila persone che una sola da 100 mila, sta nell’ordine di idee di questo lavoro, oggi. E poi Bologna viene richiesta dai musicisti internazionali come meta in cui passare. Reggio no”.
Campovolo, dai live record di Ligabue a Italia Loves Emilia. È la nascita di un brand in mano a due manager della musica italiana, Claudio Maioli e Ferdinando Salzano: un sogno per alcuni, ma che rischia di trasformarsi in un incubo mai realizzato per la città emiliana. Aeroporto, ex pista di collaudo per gli aerei delle Officine Reggiane e casa della festa dell’Unità da generazioni, il Campovolo a Reggio Emilia è un terreno di 300 mila metri quadri diviso tra demanio, comune e privati che continua da anni ad essere conteso. E se il partigiano Paride Allegri, un’istituzione da quelle parti, ci aveva visto un bosco cittadino, adesso è un susseguirsi di progetti e polemiche.
“È sempre stato il mio sogno nel cassetto realizzare quest’arena, nella vita bisogna essere folli”, a dirlo Claudio Maioli, manager di Ligabue che, neanche il tempo di far spegnere i riflettori di Italia Loves Emilia e aveva rispolverato l’idea. Poi a fine settembre 2012 una conferenza stampa ufficiosa, ospitata dall’amministrazione comunale, con la presentazione del progetto da parte degli architetti Iotti e Pavarani. Tutto sembrava essere pronto, dal piano, ovvero la costruzione di un’arena esagonale di circa 70mila metri quadri con una capienza tra i 25mila e i 100mila spettatori; fino ai finanziatori: Maioli, Ferdinando Salzano della F&P Group e altri imprenditori locali pronti a sborsare 5 milioni di euro in partenza. A rendere appetibile la zona, la buona posizione: nell’area nord vicino all’uscita dell’autostrada, alla ferrovia e soprattutto a pochi chilometri dalla nuova stazione Mediopadana dell’alta velocità. “Da reggiano, perché sono di Correggio ma mi sento reggiano – racconta Maioli, – vedo da trent’anni quello spazio sempre uguale e vorrei fare qualcosa. Sarebbe un sogno che si realizza. Noi ci siamo. La cosa più importante è che il progetto porterà denaro e cultura alla città. Reggio Emilia è pronta? La politica deve dirlo al più presto”.
Polemiche e tiepido entusiasmo. Se nel mondo della musica italiana e di manager navigati come Maioli si cercano concretezza e tempi brevi, a Reggio Emilia la vicenda da diversi mesi è più complicata del previsto. Roberto Meglioli, manager locale e primo visionario ad immaginare Campovolo come un’arena concerti (nel 1997 portò 170 mila spettatori davanti agli U2, prima delle date da tutto esaurito firmate Ligabue e Maioli – 2005, 2010 e 2012 – n.d.r.) l’ha comunicato a mezzo stampa da tempo: “Campovolo non è una marca, o un brand, come dicono ancora gli addetti desueti di aziende di marketing, a volte con due t. Campovolo è un sito di Reggio. È dei reggiani, adesso come nel passato e lo sarà pure nel futuro. Roma non è del Colosseo, semmai il Colosseo è a Roma ed è dei romani prima di tutto. Il Campovolo non è di un agente, né di una multinazionale, né di un cantante”. Parole molto dure che lo stesso Meglioli spiega così: “Abbiamo offerto il nostro contributo e nessuno ci ha chiamato. Noi ci siamo e siamo più che autorizzati a pensare di poter gestire quell’area. C’è bisogno che le cose abbiano un progettualità e che si tenga conto del territorio”. I malumori si sono respirati fin dentro al Consiglio Comunale di Reggio Emilia, tanto che il Matteo Olivieri, dei 5 Stelle ha da tempo chiesto che si potesse fare luce su quello che ha definito “un mistero buffo e non trasparente”.
“Se si va avanti con queste chiacchiere, la città perde l’ennesima opportunità. Noi aspetteremo altri sei mesi e se non sentiamo niente dal Comune torniamo a fare il nostro lavoro” – ha risposto un paio di mesi fa Maioli – “Non mi si può accusare di rivolgermi a professionisti o escludere realtà locali: è chiaro che non voglio fare una cattedrale nel deserto. Per realizzare un progetto simile dobbiamo avere le spalle coperte”.
Passato già metà del tempo d’attesa per i due manager di Ligabue, la situazione non è mutata affatto. Al tiepido entusiasmo del sindaco Graziano Delrio la notte del concerto di Italia Loves Emilia (“continuiamo il dialogo”) si era già cautamente aggiunto Mimmo Spadoni, assessore ai progetti speciali: “Chiamarlo progetto è troppo, diciamo che è un’idea”. Formalizzata la proposta, la politica cittadina deve ancora dare una risposta e lo stesso Maioli raggiunto pochi giorni fa alla presentazione dei cd e dvd del concertone di settembre chiosa con non troppa convinzione: “Tocca alla politica. Quell’area ha un’altra destinazione d’uso, ma devono essere loro a dare risposte. Noi il progetto lo abbiamo messo nero su bianco. Non attenderemo però all’infinito”.
di Martina Castigliani e Davide Turrini