In questi giorni si susseguono interventi più o meno scomposti e di scarsa coerenza logica sul grande problema della politica italiana: le toghe in politica.
Si badi bene, non tutte le toghe.
Nessun problema per i vari Frattini, Patroni Griffi, Catricalà, che prima governano e poi tornano a fare i magistrati del Consiglio di Stato…dove giudicheranno della legittimità dei loro stessi atti e di quelli dei loro avversari politici!
Nessuna parola è stata spesa neanche per i numerosissimi magistrati amministrativi (Garofoli, Forlenza, Contessa, Corradino, Mezzacapo, Torsello, Malinconico, Pajno, De Felice, Dongiovanni, Ponte, Chinè, Gizzi, Loria, Marra, Storto, Cicchese, Proietti, Stanizzi, Volpe C., Volpe I. Zucchelli, solo per limitarci…ai primi 6 mesi del 2012!) che fanno il doppio lavoro: capi di uffici legislativi, capi di gabinetto, esperti nei vari Ministeri – di cui occupano quindi il cuore decisionale (sic!) – e allo stesso tempo (o subito dopo) giudici degli atti di quello stesso Governo. L’apoteosi del conflitto di interessi.
Ma nessuno si scandalizza di tutto ciò. Come fosse normale. Non una riga. Non una parola in TV.
È invece uno scandalo (sic!) che un Magistrato che si occupa di mafia (e nel paese delle mafie!) voglia dare il proprio contributo candidandosi in Parlamento. Lo è ancora più grande se ha avuto il coraggio di non girarsi dall’altra parte e scavare nel rapporto evidente con la politica.
Come dire, se ti occupi di divorzi e sinistri stradali, sei un giudice che non preoccupa nessuno, ed hai diritto a candidarti. Se sei un giudice antimafia, ma non hai avuto la capacità, il coraggio, la voglia, il merito di aver cercato quello che tutti immaginano circa i rapporti tra mafia ed istituzioni) anche tu vai bene per la carriera politica. Ma se sei un giudice che ha fatto fino in fondo il suo lavoro, scortato per decenni, rischiando la vita, trovando legami tra mafia e classe politica con inchieste delicatissime confermate sino in Cassazione …no, non vai bene. Devi perdere finanche il tuo diritto fondamentale a candidarti alle elezioni. Tanto, in Italia, di politici come te non ce n’è bisogno.
Quindi, lascia stare, nell’agone politico non ci devi proprio entrare. Anzi, a ben vedere non ti vogliamo neanche in magistratura: non sia mai che tu – pericoloso partigiano della Costituzione – tu possa mai arrivare ai vertici dell’antimafia e, sebbene senza esito, non ti si possa nemmeno avvicinare per cercare di risolvere i problemi giudiziari di un povero ex ministro molto insistente al telefono: i solerti consulenti del Quirinale avrebbero mai potuto anche lontanamente pensare di avvicinare Ingroia, se fosse stato il procuratore nazionale antimafia, per cercare di trovare una soluzione per il povero Mancino?
Insomma, il mondo all’incontrario, come fossimo tutti ipnotizzati e convinti delle tesi berlusconiane: i magistrati fanno politica con le loro inchieste (e non quando fanno i ministri: Frattini, Nitto Palma, Patroni Griffi! o i consulenti diretti dei ministri) e possono candidarsi, a destra come a sinistra, e ritornare tranquillamente a fare i giudici solo se non si sono occupati di mafia e politica, per caso, per paura o magari per semplice convenienza!
La politica come premio per i più meritevoli, insomma.