Le pensioni liquidate dall’Inps da gennaio a novembre 2012 hanno registrato un calo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il presidente dell’ente, Antonio Mastrapasqua, si dice soddisfatto di questi dati e confida in una situazione ancora più positiva dal 2013 considerando l’entrata in vigore della riforma Fornero. Eppure, anche se i conti “tornano” per l’Inps, lo stesso non si può dire per i pensionati che, al contrario, faticano ad arrivare a fine mese. La riforma del ministro del Lavoro, oltretutto, sembra penalizzare ancora di più gli italiani e soprattutto le donne: basti considerare l’innalzamento progressivo dell’età pensionabile, la decurtazione dell’assegno previdenziale che colpirà chi lascia il lavoro prima dei 65 anni o al fatto che nel 2013 sono 6 milioni le persone che saranno escluse dall’adeguamento delle pensioni al costo della vita.
CALO DELLE NUOVE PENSIONI NEL 2012 – Nei primi 11 mesi del 2012 gli assegni liquidati dall’Inps, compresi quelli dell’ex Inpdap, sono stati 267.732 con un calo del 18,5% rispetto ai 328.549 dello stesso periodo del 2011. Questa diminuzione è l’effetto della finestra mobile e dello scalino scattati nel 2011. Da gennaio a novembre 2012 l’Inps ha liquidato 186.832 pensioni nel settore privato (-19% rispetto alle 230.549 erogate nello stesso periodo del 2011) e 80.900 nel settore pubblico (98.000 nello stesso periodo 2011 con un -17,5%), finora gestito dall’Inpdap, ora incorporato nell’Inps. Nel complesso i nuovi assegni liquidati sono stati circa 60.000 in meno rispetto a quelli liquidati nei primi 11 mesi dell’anno scorso dai due enti.
PENSIONE PIU’ BASSA PER GLI UNDER 65 – In base alla riforma Fornero dal 2013 le pensioni saranno più “leggere” per chi lascerà il lavoro prima dei 65 anni. L’assegno previdenziale sarà più “magro” per effetto dei nuovi coefficienti di calcolo dei trattamenti contributivi in vigore dal primo gennaio e validi per i prossimi tre anni.
L’ETA’ PENSIONABILE – A decorrere da gennaio 2013 si potrà andare in pensione di vecchiaia con almeno 62 anni e tre mesi se donne (63 anni e 9 mesi se lavoratrici autonome) e con 66 anni e tre mesi se uomini. Si potrà andare in pensione anticipata rispetto alla vecchiaia solo se si sono maturati almeno 42 anni e 5 mesi di contributi se uomini e 41 anni e 5 mesi se donne. Per le donne si tratta di un aumento significativo dell’età che aumenterà ancora gradualmente fino al 2018 (quando sarà equiparata a quella degli uomini). Dal 2014 ci vorranno 63 anni e 9 mesi per le dipendenti e 64 anni e 9 mesi per le lavoratrici autonome. Per evitare il salto repentino previsto per gli anni successivi è previsto che le dipendenti che abbiano compiuto 60 anni entro il 2012 possano andare in pensione a 64 anni e 7 mesi (quindi nel 2016 senza rischiare l’ulteriore scalino a 65 anni e tre mesi). Per gli uomini la “stangata” riguarda soprattutto la pensione anticipata (che sostituisce la pensione di anzianità). Se infatti per la pensione di vecchiaia basteranno nel 2013 66 anni e 3 mesi (a fronte dei 66 anni con cui si è usciti fino a fine 2012), per la pensione anticipata ci vorranno 42 anni e 5 mesi di contributi (41 anni e 5 mesi per le donne). Anche per gli uomini dipendenti è prevista una eccezione con la possibilità di andare in pensione a 64 anni se si sono maturati entro il 2012 60 anni di età e 35 di contributi.
INPS: “I CONTI TORNANO” – Il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, ha spiegato che i conti dell’istituto sono “in sicurezza” e che il dato non tiene ancora conto degli effetti della riforma Monti-Fornero. Secondo il presidente i dati comunque sono positivi, Mastrapasqua si è detto convito di un ulteriore calo dei nuovi assegni nel 2013 grazie alla riforma del ministro del Lavoro e all’aumento dell’età di uscita legata all’aspettativa di vita. “Sicuramente nei primi tre mesi del 2013 – ha detto – ci sarà una diminuzione superiore a quella del 2012”. E nel frattempo emerge che nei primi 11 mesi del 2012 – nel corso di oltre 73mila ispezioni che hanno portato alla scoperta di 61mila lavoratori in nero – è stata accertata l’evasione di più di un miliardo di euro per contributi non versati.