“Vendola e Fassina sono conservatori…“, così parlò Mario Monti, ormai in piena campagna elettorale, sotto ogni punto di vista, anche linguistico. Dismessi gli abiti dello statista ha ora indossato l’abito del demagogo che cerca di strappare qualche voto in più titillando la pancia degli italiani, usando, appena riverniciate, le parole di sempre dal 1948 ad oggi.
Così Fassina e Vendola vengono utilizzati per evocare lo spettro del comunismo, anzi questi due rappresentano quelli che non vogliono le riforme perché intendono tutelare i garantiti ed umiliare i poveri e i precari ai quali, invece, pensano con affetto Monti, Casini, Montezemolo e tutti gli amici di Borsa, finanza e Confindustria.
Davvero Monti non ha nulla di meglio da dire e da proporre? Davvero ha bisogno di questo armamentario ideologico che ha già fatto fallimento nel mondo? Prima di parlare dei Fassina e dei Vendola, o di chiunque altro, non sarebbe meglio che Monti guardasse in casa sua, nelle liste che lo appoggeranno, negli interessi che lo sosteranno?
Chi sarebbero i riformatori, quelli che hanno governato con Berlusconi per un ventennio? Quelli che ridevano quando la vergogna e il disonore avevano già travolto l’Italia? Quelli che plaudivano alle leggi sul falso in bilancio e ai condoni? Oppure quelli che hanno barattato persino i 10 comandamenti pur di contrattare esenzioni e finanziamenti?
O ancora quelli che hanno ostacolato qualsiasi adeguamento dell’Italia agli standard europei in materia di diritti civili? Per non parlare di chi ha espulso dalla Fiat i sindacati sgraditi, e questi sarebbero gli innovatori e i riformatori?
Ci auguriamo che finalmente anche l’Italia possa avere una destra europea, ma per costruirla sarebbe davvero il caso che, almeno Mario Monti, non straparlasse come un Berlusconi qualsiasi.