Nella versione ufficiale 126 militari sono deceduti durante operazioni di guerra, ma secondo i documenti della Difesa nella maggior parte dei casi si sarebbero tolti la vita. "Eishton" ha subito già da dicembre perquisizioni, confische e denunce
Dopo il caso Wikileaks e gli attacchi del gruppo Anonymous diventati un vero e proprio “modus operandi”, spunta un nuovo nome nella lotta contro la disinformazione dei governi: Eishton. Un blogger israeliano la cui identità è sconosciuta ai media di tutto il mondo che ha acceso un vero e proprio tira e molla contro l’esercito di Israele colpevole, secondo la sua tesi, di non aver detto la verità sulle cause di morte dei 126 soldati scomparsi a cavallo tra il 2011 e il 2012. Nella versione ufficiale 126 soldati dell’esercito israeliano sono morti durante le operazioni di guerra e sono stati omaggiati, come da tradizione, durante la cerimonia del 24 aprile a Gerusalemme alla presenza del primo ministro Netanyahu. Secondo i documenti usciti dagli archivi del ministero della Difesa e in mano a Eishton le vere cause di morte non sarebbero da attribuire a scontri a fuoco o attentanti, ma nella maggioranza dei casi a suicidi. Alle sue dichiarazioni il governo ha reagito mettendo sotto inchiesta il blogger colpevole di aver diffuso materiale protetto dal segreto militare e lesivo della privacy delle famiglie dei militari scomparsi.
La notizia ha suscitato curiosità da parte dei media, incuriositi dalla lotta alla “Davide contro Golia”, e non sono tardati ad arrivare i primi dubbi. Come sottolineato sul blog di Eishton, sono state numerose le dichiarazioni che l’hanno tacciato come falso e infondato, ma c’è invece chi sostiene, come il giornalista di Haaretz Aluf Benn, che il lavoro di Eishton sia “serio e professionale” seppure svolto in modo amatoriale. “Non ho idea di chi sia il blogger che si nasconde sotto lo pseudonimo di Eishton. Tutto quello che so – ha scritto il giornalista – è che il suo lavoro giornalistico è serio e professionale. Solleva dubbi, pone domande, raccoglie informazioni sia segrete che pubbliche, chiede risposte e come si usa nel giornalismo su internet, fornisce i link alle sue fonti ottenendo così l’aiuto dei suoi lettori per espandere lo scopo del suo lavoro”. Sempre secondo la stampa israeliana e le informazioni pubblicate dal blogger, le indagini nei suoi confronti continuerebbero in modo serrato fin dal mese di dicembre con perquisizioni (a sottolineare che l’esercito è a conoscenza della sua identità), confisca di attrezzature e denunce. Pare che invece non ci siano chiarimenti sulla sostanza delle sue accuse, se non brevi smentite sui presunti suicidi dei militari, senza avere però alla base dati o documenti.
“Anche chi non è d’accordo con il mio metodo di condurre l’operazione – ha scritto Eishton – dovrebbe comprendere a fondo la differenza tra l’importanza del ‘crimine’ che ho commesso come individuo nel divulgare quelle informazioni, rispetto alla cattiva gestione e l’enorme mancanza di trasparenza da parte del governo”. Stando ai post pubblicati, ora la questione si è interamente rivoltata contro di lui, “non più sulla luna ma sul dito di chi la indica”. “Mi è stato detto che potrò essere multato perché ho scritto che sono sotto inchiesta, non per il contenuto di cosa ho scritto. Allo stesso tempo continuano a dire che sto facendo un grosso buco nell’acqua. Stando al mio lavoro ci sono questioni e problemi enormi, numeri che non tornano ma il sistema sembra guardare soltanto a me. L’unità di commemorazione fallisce il suo compito principale? Non è interessante. Il ministero della Difesa pubblica un numero che non ha una corrispondenza nei nomi? Non è interessante. Una persona in Israele ha del materiale che non presenta alcun pericolo per la sicurezza? Indaghiamo!”. Il blog di Eishton è fermo al 19 dicembre, e la pagina ufficiale su Facebook all’ultimo giorno del 2012 in cui sostiene e ribadisce ancora una volta che il governo d’Israele deve fare chiarezza sulle reali cause di morte dei 126 militari.