L’anno è iniziato da qualche giorno, e siamo ancora qui. Nessun nuovo inizio ha spazzato via per magia cattive abitudini, difetti, insensatezze, banalità: per cui eccomi, ricompaio anch’io, e diciamocelo: non sono una specie di grillo parlante nascosto in un blog?
Alcuni di noi han fatto di certo dei buoni propositi, all’inizio dell’anno. E funzionano meglio, credo, se li rifacciamo ogni mattina. E non dicendo: “Da domani…”, ma, mettiamo: “Ora esco e mi faccio una bella passeggiata di buon passo…” e usciamo subito, ora, adesso.
Per chi non ha spento il computer ed è ancora qui a leggere, continuo a scrivere – ma esco appena ho finito! Pare che il movimento faccia bene alla salute.
Un proposito è una promessa che facciamo a noi stessi, per prenderci cura della persona che ci piace essere: sana e benevolente, nel mio caso, e non sarò certo l’unica ad avere questi gusti.
Solo noi umani siamo in grado di formulare promesse: nella nostra mente sono presenti, e contemporaneamente, le dimensioni del passato e del futuro, e la nostra idea di noi stessi la disegniamo su di uno sfondo fatto della nostra memoria di chi siamo, persone singole con una provenienza, un nome e un indirizzo, e di chi vogliamo essere, nel futuro prossimo o un poco più in là.
Ho fatto un proposito anch’io: ho espresso, come mio impegno verso me stessa, da ora in poi, un voto di gentilezza verso le difficoltà.
Di solito preferisco non averne, di dificoltà e fastidi: sono contraria e contrariata quando appaiono. Finora sono stata anzi spesso impaziente, o in preda all’ansia immediata, o portata a discutere per far notare le mie buone intenzioni, ad esempio, ed anche a chi non se ne interessa minimamente.
Dietro alle difficoltà ci sono situazioni complesse e i bisogni e i desideri di qualcuno, e se la mia mente, a quel che emerge, assegna l’etichetta di “difficoltà”, ecco che mi irrigidisco, e cerco di far andare le cose come io preferisco. In tal caso i miei desideri, le mie aspettative sembra che siano altre, quindi.
I desideri e i bisogni degli altri non sono certo meno importanti dei miei, anzi, per gli altri lo sono di certo di più.
Osservo il meccanismo e penso che l’automatismo di difendermi ha a che fare col terrore di soffrire, di sentirmi incompresa. E se potessi accettare che questo può facilmente accadere, e non occorre che “me la prenda” tanto, anzi neanche un poco?
Posso sviluppare comprensione affettuosa verso noi umani, così identificati con i nostri desideri, compreso quello di sentirsi connessi, compresi, appunto, nel condividere valori e buone intenzioni.
A dir la verità ne ho fatto un altro, di buon proposito per ogni giorno: coltivare ed esprimere gioia, la semplice gratitudine di esserci.
I miei due propositi sono connessi: la gentilezza verso quello che, se non mi ricordassi di accettarlo appunto con gentilezza, mi “disturberebbe” mi aiuta a sentire la gioia silenziosa di esistere, nascosta di solito dalla rumorosa avversione che la mia cara mente automaticamente produce verso tutto quel che la spaventa.
Chi mi vuole accompagnare su questo percorso può ispirarsi leggendo questo libro.
Auguro a tutti di poter coltivare nel cuore un anno gioioso e gentile, e che sia magari il primo di una lunga serie.