Se la censura non salverà Scampia (come dice Saviano) perché dovrebbe salvarla una fiction? Quali sono gli obiettivi di una fiction, già venduta in 8 paesi? Qui non si tratta di un’opera sociale o di un’inchiesta giornalistica, scusate ma dopo aver visto gli effetti di “Romanzo criminale” serie tv di Sky e soprattutto dopo il racconto eccezionale di Gomorra libro, film, e teatro, che ha portato l’industria culturale a raccontare tanto e profondamente il quartiere e la camorra, veramente crediamo che una fiction possa aggiungere qualcos’altro a quanto già detto?
Il rischio è che oggi si possa lasciare spazio solo alla speculazione. Scampia da questo tipo di operazione non ricava nessun tipo di vantaggio né economico, né di immagine anzi, ma potrebbe se si provasse a raccontare, anche altro. Questa realtà non cambierà mai se non si inverte la tendenza del racconto e questo può farlo solo chi incide sull’immaginario collettivo in modo forte, in questo senso una fiction fatta bene e quindi in comunione con le associazioni e gli attori del territorio potrebbe contribuire a costruire un altro racconto.
La posizione delle associazioni non è quella del Sindaco, né tanto meno quella del presidente della municipalità e figuriamoci quella di qualche anno fa di Berlusconi. Ha ragione Ciro Corona, dell’associazione “(R)esistenza”, quando dice che “da anni (anche grazie a Gomorra) attuiamo un lavoro di decostruzione dei modelli camorristici, spingiamo i figli dei boss a tornare a scuola, a venire a lavorare sui beni confiscati alla camorra, a fare il “Pacco alla camorra”. Pensiamo che la spettacolarizzazione della vita del boss sia solo nociva per il percorso intrapreso ma soprattutto che il quartiere sia cambiato rispetto a quello che tu (Roberto Saviano) raccontavi qualche anno fa. Oggi c’è voglia di riscatto, di cambiamento, di libertà. Certo la camorra ammazza ancora e lo fa addirittura fuori una scuola ma oggi mentre loro ammazzano a Scampia ci son persone che si recano allo sportello anticamorra per denunciare, i ragazzi lavorano sui beni confiscati, lasciano il “lavoro” di sentinelle e tornano a scuola, vedono il poliziotto non più come lo sbirro infame. Ecco, il quartiere oggi è anche questo, non solo boss, vele, neomelodici e morti ammazzati”.
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