Il quesito sui soldi alle scuole private voluto localmente dal partito di Vendola, con l'aperta contrarietà dei democratici, non si voterà il 24 e 25 febbraio quando i due partiti saranno uniti per la corsa al Parlamento. I referendari: "Sprecati 534 mila euro". L'appello di Landini, Marescotti, Wu Ming e Hack
Marciano uniti in vista delle elezioni politiche del prossimo 24 e 25 febbraio. Ma sul territorio, alla prova dei fatti, le cose non vanno altrettanto bene. Succede a Bologna, da sempre laboratorio dell’alleanza tra Partito Democratico e Sinistra Ecologia e Libertà. Dopo la rottura sul referendum sull’acqua dello scorso ottobre, ora a dividere i due partiti c’è un altro referendum, questa volta solo bolognese. Tema: i finanziamenti comunali alle scuole private. Finanziamenti che il Pd vuole confermare e che Sel, invece, vorrebbe gradualmente eliminare.
L’annuncio lo dà il sindaco di Bologna, il democratico Virginio Merola. “No all’accorpamento tra elezioni politiche e referendum sui finanziamenti alla scuola privata”. Merola ha giustificato la sua scelta con motivazioni tecniche basate anche sul parere del suo segretario generale, Luca Uguccioni. “Non posso interpretare altrimenti uno statuto che vieta l’accorpamento. Chi dice il contrario come i referendari dice falsità. Tutto il resto sono ossessioni ideologiche. Il referendum si farà, ma il 26 maggio prossimo”, ha detto Merola in un discorso molto aggressivo. Motivazioni contestate dai referendari, che a loro volta hanno portato un contro parere a firma di due giuristi dell’Università di Bologna: Andrea Morrone e Maria Virgilio. “Così non si favorisce sicuramente la partecipazione democratica”, spiega il coordinatore cittadino di Sel, Luca Basile. “L’occasione persa è grande – commenta il consigliere di Sel Mirco Pieralisi – E poi quando finalmente si voterà non si dica che l’affluenza è stata bassa”.
Al di là dei tecnicismi il valore della scelta di Merola assume un significato tutto politico. Il referendum consultivo cittadino fin dall’inizio è stato appoggiato da Sel (e dal Movimento 5 Stelle), e chiederà ai bolognesi di confermare o meno i finanziamenti comunali alle scuole private paritarie, quasi tutte cattoliche. In tutto più di un milione di euro l’anno che vengono trasferiti dalle prosciugate casse comunali a quelle delle scuole private. Con la scelta del primo cittadino la consultazione, chiesta dal Comitato art. 33 e da 13mila cittadini, rischia concretamente di essere depotenziata. Senza l’accorpamento diminuirà, e di molto, il numero dei votanti. Col risultato che un’eventuale vittoria dei referendari (e di Sel che li sostiene) sarebbe quindi più facile da ignorare. Altra conseguenza: rimandare a dopo le elezioni un probabile braccio di ferro Sel-Pd sul tema della scuola a Bologna, città simbolo per il centrosinistra italiano. Scontro imprevedibile se si pensa al radicamento e alla forza che i movimenti per la scuola hanno sotto le Due Torri. Sopratutto: eviterà a Vendola e Bersani di fare campagna elettorale mentre sotto i “locali” si fanno la guerra. Lo scontro, se ci sarà, arriverà a voto nazionale già incassato, sperando che Pd e Sel vincano le elezioni di febbraio e tolgano le castagne dal fuoco alle contraddizioni del centrosinistra locale.
Fino all’ultimo referendari e esponenti di Sinistra Ecologia e Libertà hanno provato a convincere il primo cittadino a dare l’ok all’accorpamento. Anche con un appello che ha collezionato adesioni importanti: l’astrofisica Margherita Hack, sindacalisti come Maurizio Landini (Fiom), attori come Ivano Marescotti, scrittori come i Wu Ming e Girolamo De Michele. Inutilmente, e dopo tutto la posizione contraria del Pd era conosciuta da tempo. Per i democratici il ruolo del Comune di Bologna dovrà essere sempre più quello di controllore di un sistema misto pubblico-privato. “La scelta del sistema pubblico integrato è nel manifesto dei valori del Pd fin dalla fondazione, perché si tratta di un risultato raggiunto nella stagione dell’Ulivo”, ha spiegato il consigliere regionale Giuseppe Paruolo.
Per Sel invece, soprattutto in un momento di scarsità di risorse, tutti i soldi disponibili dovrebbero essere destinanti alle scuole pubbliche, tanto più che a Bologna la rete pubblica delle scuole d’infanzia non è in grado di garantire un posto a tutte le famiglie che lo richiedono. Per il Comitato referendario art. 33 dovrebbe invece essere semplicemente rispettata la Costituzione che permette sì la creazione di scuole private, ma “senza oneri per lo stato”.
Non ci saranno solo conseguenze politiche. Senza l’accorpamento la doppia organizzazione dei seggi elettorali costerà centinaia di migliaia di euro in più alle casse statali. I conti li ha fatti il consigliere comunale del Movimento 5 Stelle Marco Piazza, che ha stimato una maggiore spesa pubblica statale di circa 534mila euro.
Conti diversi invece per il democratico Benedetto Zacchiroli, che stima un risparmio per le casse comunali di soli 166mila euro in caso di accorpamento, e bolla come “ragionamento ideologico” quello i referendari che denunciano lo spreco di mezzo milione di euro. “Non bisogna confondere le casse statali con quelle comunali”.
Già nei mesi scorsi la maggioranza di centrosinistra che governa Bologna aveva subito forti scossoni quando si era discusso di scuola. A luglio 2012 il Pd aveva imposto la riconferma del milione di euro che ogni anno va a finanziare le scuole private bolognesi. Ora il no all’accorpamento potrebbe allontanare ancora di più i due alleati, e confermare invece la strana alleanza “di fatto” di Pd-Pdl e Curia bolognese. Tutti favorevoli al finanziamento alle scuole private paritarie.