Il numero uno del colosso iberico delle telecomunicazioni che è anche il primo azionista di Telecom, non ha dimenticato il vecchio amico Rato che nel 1996, da ministro, gli aveva affidato il gruppo statale del tabacco e lo sceglie come consulente
Il settimanale Bloomberg Businessweek lo aveva appena inserito tra i cinque peggiori manager del 2012. Rodrigo Rato, l’ex ministro delle Finanze spagnole ed ex dirigente del Fondo monetario internazionale “è indagato per frode e appropriazione indebita” nel caso del collasso dell’istituto di credito iberico Bankia insieme ad altri 32 dirigenti, motivi che “lo includono in questa top five”, ha spiegato la rivista statunitense.
Forse però per il consiglio d’amministrazione del colosso spagnolo delle telecomunicazioni Telefónica queste ragioni non sono da considerarsi così rilevanti. Tanto che con l’anno nuovo, gli ha trovato un incarico ad hoc. E adesso Rato, disoccupato dallo scorso 7 maggio, quando era stato costretto a dare le dimissioni da presidente di Bankia dopo il tracollo del gruppo bancario salvato dal governo di Madrid, entra nel mondo della telefonia.
César Alierta, il presidente della società di telecomunicazioni che in Italia è il primo azionista straniero della Telecom di Franco Bernabé accanto a Mediobanca, Intesa Sanpaolo e alle Generali attraverso la scatola Telco, ha deciso di assumerlo con un doppio incarico di consulente in Telefónica Europa e Telefónica Latinoamérica, per la “sua esperienza e il suo iter professionale” con l’obiettivo “di rafforzare la visione globale della compagnia”, presente in 25 Paesi.
Non importa se l’ex presidente di Bankia si lascia dietro un buco di oltre 3 miliardi di euro né se lo scorso 20 dicembre è apparso davanti ai giudici per rispondere delle ipotesi di presunta falsificazione dei conti, amministrazione sleale e appropriazione indebita. Accuse davanti alle quali ha scaricato tutte le responsabilità sulla Banca di Spagna, sul governo Zapatero e sull’attuale esecutivo del Partito popolare, senza fare alcuna critica né autocritica al proprio operato, a dispetto di una perdita del 90,4 per cento del valore delle azioni dell’istituto di credito in un anno e mezzo.
E così mentre quasi 6mila impiegati di Bankia si apprestano ad allungare le file dei disoccupati spagnoli, Rato torna al lavoro. Non sarà certo un posto da amministratore delegato, ma per le due consulenze, che non richiedono l’esclusiva, intascherà circa 200mila euro all’anno.
La nomina dell’ex numero uno di Bankia non è certo passata sotto silenzio: l’indignazione degli spagnoli è esplosa, soprattutto in rete. E ha provocato reazioni adirate tra i partiti dell’opposizione. “È uno scandalo di corruzione politica. Servirebbero delle misure addizionali in materia di incompatibilità per evitare la collusione tra pubblico e privato”, ha dichiarato in conferenza stampa Gaspar Llamazares, deputato di Izquierda Unida.
Del resto i rapporti tra l’ex banchiere e il manager delle telecomunicazioni non sono certo dell’ultima ora. Nel 1996, quando era ministro dell’Economia del governo Aznar, Rato aveva affidato la società statale del tabacco la Tabacalera proprio ad Alierta, che nel 1997 venne indagato per presunto insider trading nel caso denominato appunto Tabacalera, poi andato in prescrizione. “E fu lo stesso Rato a privatizzare la compagnia telefonica, che adesso lo assume”, ha accusato il segretario di organizzazione del Partito socialista, Óscar López.
Ma per Telefónica non è certo cosa nuova assumere ex politici ed ex alti dirigenti di diversi partiti. Tra questi Eduardo Zaplana, ex presidente della Generalitat valenciana, Narcís Serra, ex vicepresidente del governo socialista, Alfredo Timmerman, ex capo di gabinetto di Aznar.
Lo scorso marzo, poi, Telefónica inseriva nel suo staff giuridico l’avvocato Iván Rosa Vallejo, marito dell’attuale vicepresidente del governo Rajoy, Soraya Sáenz de Santamaría, ma anche Paloma Villa, moglie del dirigente socialista Eduardo Madina. Mentre gino ad agosto, tra gli stipendiati della compagnia di telecomunicazione iberica c’è stato perfino il duca di Palma e genero del re Juan Carlos, Iñaki Urdangarin, che poi ha chiesto una permesso temporaneo alla società per concentrarsi sulla sua difesa nel “caso Nóos”, dov’è accusato di aver distratto milioni di soldi pubblici tramite una organizzazione non governativa.