A vederle da lontano sembrano tante scatolette, montate una vicino all’altra come in una costruzione Lego. Ma basta avvicinarsi un po’ per capire che ogni box è in realtà un container marittimo, di quelli che stanno accatastati a centinaia nei porti di tutto il mondo e che qui, nel cuore della bassa modenese, hanno trovato un’altra vita, ospitando negozi, bar e boutique. Così è nato il centro commerciale Cavezzo 5.9, dove il numero richiama il grado della scossa di terremoto che, a maggio, si è portata via lavoro, case e persone. Una struttura interamente composta da container riciclati, unica in Italia e autofinanziata, che sarà inaugurata nella seconda metà di gennaio, nella piazza Martiri della Libertà di Cavezzo.

Per realizzarla ci sono voluti circa sei mesi. Il progetto infatti nasce a fine giugno, grazie all’iniziativa di un gruppo di commercianti di Cavezzo, tra le città che hanno pagato il prezzo più alto del terremoto del 20 e del 29 maggio. “Le nostre attività erano tutti in palazzi gravemente danneggiati o addirittura demoliti. Per rientrare ci vorranno anni, così abbiamo deciso di unirci in un consorzio, rimboccarci le maniche e cercare un’alternativa per andare avanti”, racconta Emanuela Zavatti.

Prima del terremoto, il suo negozio, specializzato nella vendita di vestiti con taglie forti, si trovava in pieno centro, in quella piazza Matteotti oggi completamente inaccessibile. Per questo ci vorranno almeno tre anni per rimetterlo in sicurezza. Troppo per chi si è sempre mantenuto con la propria attività: “Grazie a questa struttura a dicembre sono tornata al lavoro. Certo le difficoltà sono ancora tantissime, soprattutto dal punto di vista economico. Di soldi per ora non ne abbiamo visti. Io per esempio sono stata costretta a chiedere due finanziamenti: uno per pagare il container e uno per pagare le tasse e l’anticipo dell’Iva”.

E se l’esigenza di trovare un’alternativa è nata dagli eventi del maggio scorso, l’ispirazione per realizzare Cavezzo 5.9 è arrivata da oltre confine. Anche perché in Italia non esistono esempi simili. “Prendendo come modello il box park di Londra (http://www.boxpark.co.uk/), abbiamo cominciato a cercare aziende disponibili a fornirci dei container marittimi dismessi. Alla fine abbiamo trovato la Phoenix di Genova, che si è occupata di sistemare i box, mentre il Comune ha messo a disposizione un’area di 35 metri per 45, in piazza Martiri”.

In tutto i container sono oltre trenta, distribuiti su due piani. Quelli più piccoli misurano 12,5 metri per 2,5 metri di larghezza e 2,80 di altezza, per una superficie di circa 30 metri quadrati. Mentre quelli più grandi possono arrivare anche a 60 metri quadrati. L’interno di ciascun box è stato coibentato per rendere il clima vivibile e le porte sostituite da vetrine. Mentre all’esterno sono stati montati un impianto d’illuminazione, una pavimentazione in legno, una terrazza e una rampa per disabili. Il tutto pagato con i soldi di chi è andato a lavorarci dentro. “Abbiamo avuto alcune donazioni da privati, ma il resto l’abbiamo messo noi. I lavori di manovalanza esterna, per esempio, sono stati fatti da noi, anche con l’aiuto di amici, parenti e volontari che hanno voluto dare una mano”.

Nel centro, durante l’intero mese di dicembre, hanno aperto pian piano  esercizi commerciali di ogni tipo: una gelateria, un bar, un fiorista, un parrucchiere. Ma anche un atelier dove si riciclano mobili e oggetti d’arredamento, un centro estetico e una spaghetteria. In totale 13 attività chiuse nelle lamiere dei container. E nelle prossime settimane diventeranno 15, grazie all’inaugurazione di uno spazio per bambini, dotato di una ludoteca e un servizio di baby sitter, e di uno studio grafico.

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