Austericidio. La politica di austerity imposta dai creditori internazionali a Portogallo, Spagna e Grecia, provoca disoccupazione e contrazione dell’economia. Non è solo inefficace: è dannosa. Incredibile a dirsi, ma ad ammetterlo è stato niente meno che uno studio pubblicato nei giorni scorsi dal Fondo monetario internazionale, illustre membro di quella Troika che sta torchiando la Grecia da qualche anno. Il documento si intitola “Moltiplicatori fiscali ed errori nelle previsioni di crescita”. Analizza, dati alla mano, i casi di Spagna, Portogallo e Grecia. Lo firmano Daniel Leigh e Olivier Blancherd, uno dei direttori delle analisi economiche del fondo.

E in effetti l’Fmi pubblica nella sua pagina web lo studio premettendo che si tratta del risultato del lavoro di due sue eminenti analisti, ma non della posizione ufficiale dell’organismo. Come dire: sappiamo che hanno ragione, infatti li paghiamo profumatamente per farli ragionare, ma in quanto Fondo non possiamo essere d’accordo con le conclusione dei loro ragionamenti. Chiaro, no? Anche perché cosa dice lo studio se non che il modello su cui si basa la politica d’austerity è sbagliato nella premessa dal momento che l’austerity stessa, in tempi di crisi, è un rimedio peggiore del male perché ammazza l’economia invece di resuscitarla. E lo dimostra.

Basandosi su studi comparativi tra i tre Paesi ed elaborando i dati con analisi matematiche, il documento prova che il moltiplicatore usato nel modello teorico dell’austerity è banalmente “sballato” perché parte da una premessa confutata dalla realtà. La premessa del modello teorico, scrivono i due, è che la contrazione dell’economia causata dalla politica “lacrime e sangue” produca una contrazione nei consumi, nell’occupazione e negli investimenti calcolabile in base a un moltiplicatore che però nella realtà dei fatti risulta tre volte più grande della teoria. Il modello teorico dell’austerity considera infatti che per ogni euro tagliato si abbia una contrazione dell’economia di 0,50 euro, invece la contrazione reale è di 1 euro e mezzo.

Lo dimostra l’analisi comparativa dei dati concreti dell’economia reale dei tre Paesi in cui è stato applicato il modello. Uno e mezzo, invece di 0,50, appunto, cioè tre volte tanto. Tantissimo in economia. Sbagliare un moltiplicatore del genere nelle premesse di un modello non comporta errori trascurabili nella sua applicazione. Non basta aggiustare un poco il tiro nelle conclusioni per approssimarsi agli effetti reali delle ricette che quel modello raccomanda. Vuol dire, proprio per effetto della moltiplicazione su grandi cifre, che le deduzioni logiche sono completamente sbagliate. Infatti l’osservazione della realtà le confuta, punto per punto.

Un esempio. La Spagna ha chiuso il 2011 con un deficit del 9,4% che era stato invece previsto all’8,8 per cento. Bruxelles ha imposto che lo riducesse fino al 6,3 per cento. Il governo spagnolo ha obbedito con una politica brutale di tagli che ha provocato scioperi generali e infinite proteste popolari. Il deficit spagnolo nel 2012, secondo i due economisti, è del 10 per cento. L’allarme suonato nella desolazione della pagina web del Fmi dallo studio del Fondo, che il Fondo pubblica senza essere d’accordo con se stesso, non è poca cosa. Dal primo gennaio è in vigore il patto fiscale in Europa. Ogni Paese si impegna per legge a mantenere il deficit fiscale sotto lo 0,5 per cento. Un suicidio, visto lo stato dell’economia europea.

 

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