Conti correnti fantasma, amiche pagate con i fondi del partito, regalie varie a conoscenti e protettori politici. Un flusso di milioni di euro della Lega Nord usato per mantenere una posizione di privilegio all’interno del Carroccio da una parte e, dall’altra, per aiutare gli amici. Come Sabrina Dujany, titolare di un centro massaggi a Chiavari, beneficiaria di bonifici da 2.500 euro mensili e nominata segretaria della Lega nella cittadina ligure. O il fantomatico avvocato Bruno Mafrici, anche lui stipendiato a colpi da 2.500 euro al mese. È il cerchio magico di Francesco Belsito. A ricostruirlo nei minimi dettagli è la storica segretaria di via Bellerio, Nadia Dagrada.
In un lungo interrogatorio davanti ai magistrati della Dda di Reggio Calabria, l’oggi responsabile economica del quartier generale leghista ha messo in ordine in 140 pagine di verbale la gestione allegra dei fondi da parte di Belsito. Dagrada per la prima volta ha raccontato nel dettaglio i traffici dell’ex tesoriere. Ipotizzando che riciclasse anche denaro sporco della ‘ndrangheta. Il racconto parte da due conti correnti “sconosciuti al partito” fino a pochi giorni prima del blitz della Finanza. “Non avevamo neanche la documentazione. Uno era alla Banca Aletti e uno alla Banca Popolare di Novara. Da questi conti vengono emessi tutta una serie di assegni”, afferma Dagrada. “Secondo me lui pensava di creare confusione per non riuscire più a risalire dov’erano finiti i soldi… soprattutto quelli che ha fatto per prelievi di cassa che sono delle cifre spropositate sia dal Banco di Napoli, sia da Aletti”.
Prelievi che, “a sentire Belsito, sarebbero stati destinati a pagamenti per la famiglia Bossi. Il problema era che lui era supportato da una persona che rivestiva un ruolo fondamentale nella vita della famiglia: Rosi Mauro. Il supporto veniva da lì, dopodiché probabilmente è stato sottovalutato perché si pensava che tutto al più si pagasse i viaggi a Roma, le cene, magari facesse i regali per Natale utilizzando i soldi della Lega, però nessuno immaginava che potesse arrivare a certi livelli”. Complessivamente una cifra che si aggira sui dieci milioni di euro. Sì, perché, oltre ai già noti investimenti in Tanzania, Cipro e in Corone norvegesi, secondo gli inquirenti, sulla base anche di quanto dichiarato da Dagrada, quei due conti correnti “segreti” rappresentavano il canale per “ripulire” fondi neri. I soldi sottratti alla Lega e non solo: lo stesso canale sarebbe stato messo a disposizione di personaggi legati alla ‘ndrangheta interessati a ripulire i milioni di euro riconducibili alla cosca De Stefano. Grazie al rapporto coltivato da Belsito con il consulente legale Bruno Mafrici e l’imprenditore Romolo Girardelli, conosciuto con il soprannome di “Ammiraglio”.
Socio di Belsito in un’immobiliare genovese, Girardelli era di casa in via Bellerio. “Aveva avuto una relazione con la mia ex collega Helga Giordano”, racconta Dagrada. Mafrici è il giovane reggino diventato prima consulente di Roberto Calderoli e poi socio dello studio Mgim, diretto dall’ex tesoriere dei Nar, Lino Guaglianone: “Si diceva – ha spiegato la Dagrada – che era il suo avvocato (di Belsito, ndr) tanto è vero che ha inviato anche due parcelle che però gli ho contestato perché non c’era la causa cui si riferivano”.
Era impossibile per Mafrici giustificare la parcella inviata alla Lega, non essendo avvocato. Un impiccio che non ha impedito a Belsito di favorirlo, come ad altri amici: “Ha messo un insieme di persone a consulenza a titolo gratuito – aggiunge la Dagrada – e quando si tratta di consulenza a titolo gratuito nessuno va a indagare”. Ecco quindi che a Mafrici, il tesoriere della Lega “riconosceva un rimborso di 2.500 euro al mese. Poi l’ha sostituito con l’avvocato Michela Turri e con l’avvocato Paolo Scovazzi”. Stessa cifra, ricorda Dagrada, pagata regolarmente ogni mese anche a Sabrina Dujany. “Era credo un’amica sua che poi si è occupata della segreteria di Chiavari. Da che so io, aveva un centro massaggi, però lui diceva che gli serviva perché lavorava sul territorio della Liguria, gli teneva i contatti con le segreterie e quindi gli riconosceva questo per del lavoro che svolgeva come per lui”. Poi c’è Dalmirino Ovieni a cui “sono stati fatti un 48 mila euro circa di assegni circolari anche lì senza nessuna giustificazione”. Ovieni, amico ed ex socio di Rosi Mauro, già arrestato nell’aprile 1994 per corruzione. Perché, sostiene Dagrada, Belsito è solo una pedina mossa da un puparo: “Si è sempre pensato fosse Rosi Mauro”.
di Lucio Musolino e Davide Vecchi
da Il Fatto Quotidiano dell’8 gennaio 2013
Aggiornamento del 19 dicembre 2022
Il gip presso il Tribunale di Reggio Calabria ed il gip presso il Tribunale di Genova, a cui il procedimento era stato trasmesso dal Tribunale di Milano per ragioni di competenza territoriale, hanno disposto l’archiviazione di tutte le accuse originariamente formulate nei confronti di Bruno Mafrici e a cui fa riferimento il presente articolo.