Un intenso flusso di energia prodotta da un enorme buco nero quasi 11 miliardi di anni fa ha raggiunto l’orbita della Terra, ed è stato registrato dalla strumentazione del satellite della Nasa Fermi Gamma-ray Space Telescope. Il fenomeno registrato tra il 2011 e il 2012, ha permesso, combinando le informazioni raccolte con le osservazioni del radio telescopio VLBA (Very Long Baseline Array), agli astronomi di individuare con grande precisione la regione da dove si sarebbe originato questo flusso di radiazione, ovvero nella galassia conosciuta con la sigla “4C +71.07,” al cui interno risiede un buco nero supergigante.
Sorprendentemente però, l’origine del blob di raggi gamma rilevati non coincide, come previsto dalle teorie, con il buco nero ma si trova distante circa 70 anni luce da esso. “La corrispondenza tra il risveglio dell’attività gamma misurata da Fermi Lat e la fenomenologia radio è impressionante”, ha detto Patrizia Caraveo, responsabile Inaf per lo sfruttamento scientifico del satellite Fermi. “Dopo essere stata quieta per anni, la galassia 4C+71.07 si è accesa nei raggi gamma in corrispondenza dell’emissione di un blob di particelle accelerate che i radioastronomi hanno visto nascere a circa 70 anni luce dal buco nero supermassivo che è responsabile dell’attività della galassia. Il risultato è interessante e stupefacente: bisognerà capire come mai questa concentrazione di particelle energetiche si sia formata così distante dal buco nero”. La galassia 4C +71.07, situata nella costellazione dell’Orsa Maggiore, è così lontana che la sua luce impiega 10,6 miliardi di anni per raggiungere la Terra. Gli astronomi stanno oggi studiando questa galassia come era quando l’universo aveva meno di un quarto della sua età attuale.
Scoperta negli anni ’60 del secolo scorso, 4C +71.07 è stata subito classificata come una intensa sorgente di onde radio. Emissioni sporadiche nelle alte energie erano state registrate dal satellite Compton Gamma-Ray Observatory della Nasa. Le prime indagini di Fermi dopo la sua messa in orbita sembravano indicare che la sorgente fosse quieta, salvo poi tornare in piena attività nel 2011, raggiungendo il suo picco nei primi giorni di novembre, quando ha raggiunto una luminosità ben 10.000 volte maggiore di tutte le stelle della nostra Galassia, la Via Lattea, messe insieme. Al centro di questa turbolenta galassia si trova un buco nero di massa pari a 2,6 miliardi di volte quella del nostro Sole. Parte della materia che cade spiraleggiando nel buco nero viene accelerata verso l’esterno a velocità prossime a quella della luce, creando due getti di particelle che si allontanano dalla sorgente in direzioni opposte. Uno di questi getti risulta puntare quasi esattamente verso la Terra. Questa caratteristica rende 4C +71.07 quello che gli astronomi chiamano “blazar”, una classe di oggetti celesti che comprende alcune dei più brillanti sorgenti di raggi gamma presenti nel cielo. Sfruttando il livello di dettaglio raggiungibile dal radiotelescopio VLBA del National Science Foundation, che combina 10 strumenti dislocati tra Nord America, Hawaii e Isole Vergini, raggiungendo così la risoluzione che avrebbe una singola parabola di ben 8.500 chilometri di diametro, nell’autunno del 2011 è stata osservata una struttura luminosa simile a un nodo che sembrava muoversi verso l’esterno della galassia a una velocità di 20 volte superiore a quella della luce. Un effetto solo apparente, dovuto al fatto che questo blob si stava muovendo quasi esattamente verso di noi ma a una velocità effettiva solo leggermente inferiore a quella della luce.
La presenza di questa struttura in movimento ha permesso di individuare con precisione il punto esatto dove sono stati generati i raggi gamma nel getto emesso dal buco nero. Il nodo nel suo spostamento ha infatti attraversato una brillante struttura stazionaria del getto, quella che gli astronomi chiamano il suo “nucleo radio” pochi giorni dopo dai rilevamenti dell’accensione in gamma che indicavano una nuove fase di emissione di raggi gamma da 4C +71.07. Ulteriori indagini basate sullo studio della polarizzazione della radiazione proveniente dalla galassia durante il periodo più intenso di attività della sorgente nelle alte energie, tra ottobre 2011 e gennaio 2012, hanno conformato che questa struttura era responsabile dell’improvviso aumento di luminosità della sorgente sia nel visibile che nei raggi gamma. Ma non solo: hanno anche permesso di stabilire che la zona in cui sono stati prodotti i flussi di raggi gamma registrati da Fermi si trovava a circa 70 anni luce dal buco nero.
Intanto è stata scoperta una colossale eruzione proveniente da un massiccio buco nero che dista circa 44 milioni di anni luce e si trova nella costellazione dei Pesci. Si tratta di una ‘fiammata’ che è 10 volte più luminosa della più potente esplosione stellare osservata finora. Il buco nero osservato dall’Osservatorio di Arecibo di Puerto Rico si trova nel cuore della galassia NGC 660.
“La scoperta è stata casuale. Le nostre osservazioni si sono svolte nell’arco di alcuni anni, e quando siamo ritornati su questa galassia, abbiamo notato che era cambiata nel tempo: da luogo placido e quieto era diventata una regione tumultuosa sottoposta a un gigantesco flusso di energia”, ha spiegato Robert Michin, fra gli autori dello studio. Inizialmente gli scienziati pensavano che questo rilascio energetico fosse dovuto a un anello di materiale in espansione legato a una supernova, ma poi hanno scoperto che le emissioni radio rilevate puntavano, come origine, al centro della galassia. I getti hanno fatto dunque pensare a un buco nero supermassiccio nel cuore della galassia: man mano che questo mostro spaziale ingoia polveri e massa, genera un disco turbinante di materia che emette getti di particelle