Del Debbio ha ereditato da Salvo Sottile una Quinta Colonna ancora grondante liquidi organici e l’ha trasformata nella via populista al talk show. La ricetta è semplice, degna di Benedetta Parodi; eppure in video mancava. In studio, un paio di onorevoli che cominciano a urlare e a bastonarsi tra loro, come al teatro dei pupi, appena si accende la luce rossa delle telecamere (lunedì scorso c’erano le vecchie glorie Daniela Santanchè e Alessandra Mussolini, più l’emergente saladino Francesco Barbato). In collegamento esterno, lavoratori e cittadini inferociti, pronti a urlare e a mostrare i forconi appena è il loro turno. L’insieme si presenta come un remake del Santoro prima maniera, piazzaiolo e samarcandino, ma è solo un’impressione fallace. Appena Del Debbio comincia a rabbonire gli animi, a compatire i poveri cristi e a rabbuffare i potenti, chiedendogli di non usare paroloni difficili, appare evidente che il suo vero modello è un altro: Gianfranco Funari.
Sì, Del Debbio è un attento discepolo del Funari post Tangentopoli, quello che si faceva chiamare “il giornalaio” e imboccava gli onorevoli con la mortadella. Lui è un Funari a modo suo; stanziale, non vampirizza la telecamera, va sempre piano, sano e lontano e affida le strigliate più dure all’immancabile presidente della Federconsumatori Rosario Trefiletti (“Sentiamo Trefiletti…” “Calma, Trefiletti…”), che sta a Del Debbio come Crepet sta a Vespa e Luca Laurenti sta a Bonolis. Il succo però, è funariano al 100 per 100: un impasto di tv del mattino, la scuola delle casalinghe, emulsionato con la la mistica della ggente e guarnito di vaga ribellione anticasta.
A volte vale davvero la pena di vedere come va a finire. Vuoi vedere che il passo tra Maritain e la Panicucci è meno lungo di quel che si direbbe? In fondo l’aveva detto anche quell’anticristo di Nietzsche: Vox populi, vox dei.
Il Fatto Quotidiano, 10 gennaio 2013