“Giudichesse comuniste e femministe…” , questa la nuova invettiva di Berlusconi dedicata alle tre donne che hanno pronunciato la sentenza relativa al divorzio tra il cavaliere e la signora Veronica.
In quelle tre parole pronunciate con ira e disprezzo c’è tutta l’antropologia del personaggio, dell’uomo che non deve mai chiedere perché può comperare tutto, perché come amano dire da sempre i corrotti e i corruttori “tutto ha un prezzo, non c’è persona che non sia acquistabile”, soprattutto poi se si tratta di una donna. Quelle tre signore sono giudichesse, ma avrebbe potuto dire anche giudicastre, o guida in gonnella, oppure “persone bisognose di cure psichiatriche, perché solo un matto può fare il giudice. ” E via discorrendo con il campionario delle scemenze e delle volgarità da avanspettacolo.
Naturalmente sono anche comuniste perché chiunque lo critichi o peggio lo giudichi non può che essere un rosso e dunque uno che odia la libertà e dunque uno che vuole incarcerare il “padre della libertà”, ne consegue che ogni condanna non discende dalla serena valutazione delle sue infrazioni, ma da una acclarata volontà persecutoria. Giudichesse e comuniste, dunque, ma anche femministe, e questo spiega la sentenza, in quanto femministe parteggiano per la femmina e per questo hanno dato ragione a Veronica, tutto il resto dai balletti alle feste ” in costume” sino alle aggressioni mediatiche contro la signora Lario non esiste più, travolto da un cumulo di parole e di ingiurie.
A Berlusconi interessa solo e soltanto dileggiare gli interlocutori, calpestare la loro dignità, irridere chi ha il compito di far rispettare le regole. A nessun altro cittadino sarebbe stato consentito di utilizzare un linguaggio simile senza pagare dazio, e senza suscitare la più ferma reazione delle autorità istituzionali e di garanzia, dentro e fuori la magistratura.
Sino a quando Berlusconi non sarà trattato come un cittadino qualsiasi, a partire dal conflitto di interessi, questo non sarà mai un paese normale e tanto meno un paese europeo.
Siamo sicuri che Michele Santoro e Marco Travaglio troveranno il modo di ricordare gli oltraggi e le umiliazione subite da chi, dai Biagi e Montanelli sino alle tre giudichesse, ha avuto il solo torto di continuare ad amare la Costituzione e di non voler comparire sul libro paga del ragionier Spinelli.