Scampato (per ora) il pericolo di vedere piattaforme per l’estrazione petrolifera in attività davanti alle isole Egadi o ancora davanti la costa tra Selinunte e Sciacca, o ancora al largo di Pantelleria – dove a proposito di energia alternativa e fonte rinnovabili c’è qualcuno che sta pensando di installare un parco eolico in mare – adesso si scopre che mentre si battagliava contro le ricerche petrolifere nell’ottobre scorso gli uffici competenti della Regione hanno dato il nulla osta per cercare il petrolio nella Valle del Belice.
Mentre questo territorio colpito dal terremoto del 15 gennaio 1968 attende a 45 anni dal sisma ancora i soldi per completare la ricostruzione (la legge di stabilità appena votata ha stanziato 10 milioni di euro) ecco che invece di nuove case e aziende sorgeranno intanto cantieri per cercare di sfruttare giacimenti petroliferi che a loro insaputa i siciliani posseggono sotto i loro piedi. L’allarme su quello che da qui a pochi giorni potrebbe accadere è stato lanciato sia da alcune associazioni delle zone di Montevago e Sciacca (provincia di Agrigento) e adesso anche dal Consiglio provinciale di Trapani che ha approvato un ordine del giorno proposto dai consiglieri Passalacqua e Ortisi (Sel) e Daidone ed Alagna (Pd).
La società che ha ottenuto le autorizzazioni a trivellare dalla Regione è la Enel Longanesi, il nulla osta riguarda un’area di 600 chilometri quadrati tra Montevago e Santa Margherita Belice (Agrigento), Bisacquino, Campofiorito, Camporeale, Contessa Entellina, Corleone, Monreale, Partinico, Piana degli Albanesi, Roccamena, San Cipirrello e San Giuseppe Jato (Palermo), Alcamo, Gibellina, Poggioreale e Salaparuta (Trapani). “E’ possibile concedere autorizzazioni a trivellare in zone così notoriamente e altamente sismiche” si chiede il consigliere di Sel Ignazio. Spulciando le carte si scopre che l’istanza all’Assessorato Regionale dell’Energia è stata inoltrata dalla Enel Longanesi il 24 agosto 2011; un anno dopo su alcuni quotidiani sono stati pubblicati gli avvisi pubblici sulla ricerca di idrocarburi, con indicazione dell’area.
La richiesta prevede la perforazione di un pozzo esplorativo profondo dai 2000 ai 3500 metri entro 42 mesi dall’ottenimento del permesso. Il 10 ottobre 2012 la Regione Siciliana attraverso l’Urig (ufficio regionale per gli idrocarburi e la geotermia) ha dato il via libera. Sfogliando i documenti presentati si coglie anche qualche anomalia, come la relazione geologica e la sintesi della relazione geologica che sono sì firmate, ma senza i timbri di appartenza all’Ordine professionale da parte dell’estensore. Si dice che per la Sicilia ci sarà un guadagno per via delle famose royalties. Ma “le royalties pagate all’Italia – dichiara il consigliere Passalacqua – sono tra le più basse al mondo e la Sicilia non ne trarrebbe alcun benificio, solo lo ‘stupro’ del territorio”.