Il comitato 'Taranto Lider', insieme a 42 donne, si è rivolto ai magistrati pugliesi chiedendo l’avvio di indagini epidemiologiche per verificare il rapporto di causalità tra le emissioni inquinanti presenti nel territorio e l'insorgere di patologie all'apparato riproduttivo. Quattro le ipotesi di reato: disastro ambientale, danno alla salute umana e violazione degli articoli 32 e 41 della Costituzione
I responsabili del Comitato ambientalista ‘Taranto Lider‘, insieme a 42 donne nate e vissute a Taranto o nella sua provincia hanno presentato un esposto alla procura, in cui si denuncia “l’ipotesi di reato di disastro ambientale e violazione degli articoli 41 e 32 della Costituzione e danno alla salute, basandosi su dati scientifici che mettono in relazione le emissioni di sostanze inquinanti nella zona di Taranto e provincia e patologie dell’apparato riproduttivo quali l’endometriosi e infertilità“.
“C’è un elevato rischio anche per le generazioni future – scrivono i promotori dell’iniziativa – in quanto, studi accreditati spiegano come le sostanze inquinanti, quali la diossina, creino mutazioni del Dna con effetti patologici a lungo termine e con caratteri di ereditarietà“.
Il numero pari a 42, corrispondente alle donne che hanno presentato l’esposto insieme al comitato Taranto lider, “è a dir poco esiguo rispetto al numero delle persone affette da questa patologia nella nostra provincia – si legge ancora nel documento redatto dagli organizzatori – dal momento che la patologia è sconosciuta ai più sin dal nome, e tante donne fanno fatica ad ammettere anche con loro stesse di essere colpite da una patologia non riconosciuta e che potrebbe creare ostacoli e pregiudizi in campo lavorativo”.
Si chiede quindi ai magistrati di “disporre apposite indagini e studi epidemiologici per accertare se la causa di tanto dolore non tragga origine dalla ben nota situazione di inquinamento ambientale che affligge la zona di Taranto”. Un riferimento implicito alla presenza, in quel territorio, dell’impianto siderurgico dell’Ilva? Un’industria che, da mesi, è al centro di un braccio di ferro tra la procura della città ionica da un lato, e il governo e la proprietà dell’azienda dall’altro.
“Se venisse accertato il nesso di causalità – scrivono – vi sarebbero evidenti responsabilità penali per soggetti privati e pubblici che si sono resi responsabili del disastro ambientale della zona”. Inoltre, “se gli accertamenti e i controlli rinvenissero questi agenti inquinanti nell’area di Taranto e dalle indagini si evidenziasse che le immissioni si sarebbero potute evitare con la normale cautela, il reato che si delineerebbe sarebbe un reato di tipo sostanziale, quale il disastro ambientale, e sarebbero da valutare anche comportamenti omissivi quali “culpe in vigilando”.
Aggiornato da redazione web alle ore 23.07 del 12/01/2013