Magari arrivo un po’ in ritardo. Ma ho voluto pensarci e capire cosa ne pensavano amici che ho sentito tutti molto preoccupati per quanto accaduto giovedì sera da Santoro e per le conseguenze che ne potrebbero derivare. Personalmente, non credo molto allo spostamento di voti come esito immediato delle performance televisive. A medio-lungo termine la tv incide eccome, a breve o brevissimo non lo credo. Quindi lascerei le storie del recupero prodigioso di Berlusconi ai Sallusti, Feltri, Gelmini che a raccontare balle sono così abituati da crederci loro stessi e mi occuperei d’altro, senza ovviamente abbassare la guardia e trascurare i pericoli.
C’è invece un aspetto di ciò che ho visto giovedì sera che mi preoccupa molto e che mi sembra sia stato trascurato nei commenti. Si tratta della qualità dello spettacolo. Uno spettacolo più che brutto, indecoroso, triste, vecchio, più che provinciale, strapaesano. Scritto male e recitato peggio, con dei buchi e degli errori drammaturgici clamorosi: che senso ha mettere in scena una brava interprete come la Costamagna e non darle una parte? Che cosa significa parlare per mezz’ora di riforma della Costituzione senza che ci sia qualcuno che ricorda che le riforme costituzionali richiedono il consenso dei due terzi del Parlamento e non la semplice maggioranza? Uno spettacolo sciocco, incline tanto al volgare quanto al puerile, in cui il protagonista prima si concede il gesto osceno del pulire la sedia su cui è stato seduto il suo avversario (come faceva Borghezio con i sedili del treno su cui erano passate le donne extracomunitarie), e poco dopo, per rispondere a un epiteto offensivo, ricorre alla formula “chi lo dice sa di esserlo”.
Giuro che non credevo alle mie orecchie: non sentivo quella frase dal tempo delle mie scuole elementari e – ahimè – sono passati un po’ di anni. Eppure una simile baracconata il pubblico in massa se l’è bevuta tutta d’un fiato e fino alla fine, con il picco d’ascolto a mezzanotte, senza ribellarsi, anzi regalandole record di ascolto, vivendola. Ecco, questo è quello che più mi preoccupa, non in chiave elettorale ma politica. Anche se, come penso e spero, non sarà la serata di giovedì a decidere le elezioni, l’idea che quella serata sia stata vissuta come l’autobiografia della nazione (la definizione è di Formigli), mi dice che chi governerà avrà un compito ben arduo per riportare la nazione sulla strada della maturità civile.