L’austerità che uccide l’economia è un falso mito”. A sostenerlo è la Banca d’Italia, che nelle parole del vicedirettore Salvatore Rossi, a Milano per un seminario economico dell’associazione The Ruling Companies, lancia un vero e proprio avviso ai naviganti. Secondo il dirigente della Banca d’Italia, infatti, in tutta la storia economica non c’è un solo esempio in cui l’aumento di spesa pubblica abbia generato una crescita sostenuta e durevole. Niente “manovre keynesiane che spaventino i mercati”, dunque, con buona pace degli estimatori nostrani del Nobel Paul Krugman. Ma soprattutto di chi, da destra a sinistra, già promette un’inversione di rotta rispetto al rigore dei tecnici.

Nei giorni in cui lo stesso Mario Monti promette di voler abbassare le tasse e il dibattito pre-elettorale divide la politica sull’opportunità di modificare la rotta indicata dal governo tecnico, a tenere dritta la barra ci pensa la Banca d’Italia. Il vicedirettore Rossi respinge le tesi che consigliano di affrontare la crisi della zona euro affidando al settore pubblico il compito di colmare il deficit di spesa di famiglie e imprese. “In un’economia come la nostra – spiega Rossi – con una storia pregressa di eccesso di spesa pubblica, di debito pubblico innalzato sistematicamente, una manovra keynesiana ortodossa consistente farebbe prendere ai creditori dell’Italia uno spavento terrificante”.

Il recente abbassamento dello spread, intorno a quota 270 punti, rifletterebbe per lo più il salvataggio della moneta unica, spiegano quelli della Banca d’Italia. Scongiurato il pericolo di uscita dall’euro, il rischio di assistere alla riconversione dei titoli di Stato nelle monete pre-euro sarebbe infatti rientrato, ridimensionando la sfiducia dei mercati in paesi come l’Italia. “Ma noi veniamo da un lungo periodo di incapacità di crescita duratura – ammonisce il dirigente di Palazzo Koch – Un problema strutturale che da solo vale 200 punti di spread, indice di rischio effettivo del nostro sistema economico”. La scommessa italiana, pare, è tutta qui. In quella tendenza a spendere troppo e male che, secondo il vice di Bankitalia, non si risolve con il ricorso alla spesa pubblica. Insomma, manovre come quelle suggerite dal premio Nobel Paul Krugman non possono trovare applicazione nel sistema Italia, dove, spiega ancora Rossi, “la vulgata nostrana trasformerebbe il ragionamento keynesiano in un’indicazione di politica economica di lungo periodo, spaventando i mercati e finendo per annullare o ribaltare del tutto i benefici della manovra stessa”.

Bene. Ma allora che si fa? “Bisogna ragionare sul tasso di tendenza strutturale di crescita – risponde Rossi nella sua relazione – ben oltre i cicli economici dei quali possiamo ragionare secondo la ricetta keynesiana di Krugman”. In altre parole, ci vuole una strategia di lungo periodo, una volta per tutte. “Il sistema privato deve essere messo nelle condizioni di fare costantemente innovazione e ricerca dell’efficienza – conclude Rossi –  Questi sono i veri motori dello sviluppo”. Una visione che consegna al settore pubblico il compito di fornire servizi efficienti e regole favorevoli al lavoro degli agenti economici, “che vanno messi al riparo dalle distorsioni che derivano dai fallimenti del mercato”. Ultimo ma non ultimo, aggiunge Rossi, “allo Stato va il compito garantire una redistribuzione del reddito secondo principi di equità”. Niente di più. Calma e gesso, dunque, perché “rivedere la composizione del nostro bilancio è possibile – sostiene Rossi commentando l’intenzione di Monti di abbassare le tasse – ma archiviare il rigore è un rischio che non ci possiamo permettere”.

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