Junior Seau, l’ex giocatore della Nfl (la lega professionistica di football americano) suicidatosi lo scorso maggio, soffriva di encefalopatia traumatica cronica (ETC). Si tratta di una malattia neurodegenerativa che provoca sintomi quali demenza precoce, perdita di memoria, episodi di aggressività incontrollata e depressione. Non lascia dubbi l’esame di anatomia patologica condotto sul cervello dell’ex linebacker di San Diego, Miami e Boston da una commissione di cinque esperti (due neuropatologi del National Institutes of Healt e tre membri indipendenti) e i cui risultati sono stati illustrati giovedì scorso. Un esame post mortem che la famiglia di Seau aveva immediatamente richiesto all’indomani del tragico gesto del ‘Diavolo della Tasmania’, che si era sparato un colpo al petto il 2 maggio scorso nel suo appartamento californiano di Oceanside.
Un esame, unico in grado di diagnosticare questa malattia, sempre più comune per gli ex atleti della Nfl, che dopo una vita passata a prendere botte in testa cominciano ad accusarne i sintomi, fino a non essere più in grado di reggerne il peso e togliersi la vita. Come Ray Easterling, che prima di suicidarsi aveva promosso una class action di ex giocatori contro la Nfl, o come Dave Duerson, che prima del tragico gesto aveva mandato un sms ai famigliari chiedendo che il suo cervello fosse analizzato. Per entrambi gli esami hanno dimostrato la presenza dei sintomi di encefalopatia traumatica cronica. Più in generale, su 35 ex giocatori della NFL cui è stato esaminato il cervello ben 34 soffrivano di ETC. Trentaquattro su trentacinque: una percentuale che non lascia scampo.
Eppure a questi atleti molto raramente sono diagnosticate concussioni celebrali mentre sono in vita. Come spiega Dr. Julian Bailes, codirettore del NorthShore Neurological Institute, alla CNN: “La logica vorrebbe che un paziente cui venga diagnosticata l’encefalopatite presenti una storia clinica di concussioni”. Un’accusa nemmeno troppo velata alla Nfl, e ai suoi medici, che da sempre si rifiutano di assumersi le proprie responsabilità, rispondendo con generici inviti a fare attenzione alle botte in testa e con donazioni da destinare alla ricerca. Un’ipocrisia che danneggia anche chi nel grande football sogna di arrivare, ma non fa in tempo. Come Nathan Stiles, il più giovane di tutti, diciassettenne di belle speranze di Kansas deceduto sul campo durante una partita del campionato universitario e cui l’esame post mortem ha riscontrato la stessa malattia.
E così, dopo lo scandalo di Gregg Williams, il coach dei New Orleans Saints radiato perché metteva delle vere e proprie taglie sugli avversari: un listino prezzi che prevedeva una ricompensa a salire a seconda dell’infortunio provocato agli avversari. E dopo la tragedia di Jovan Belcher, linebacker di 25 anni degli Chiefs, che si è ucciso con un colpo in testa nel parcheggio dello stadio dopo aver ucciso la sera prima la fidanzata 22enne Kasandra, da cui aveva avuto una figlia solo tre mesi prima: un episodio che ha scoperchiato un mondo fatto di violenze domestiche e sopraffazioni. La Nfl si trova oggi a fare i conti anche con i suoi fantasmi. Ma per poco, the show must go on. A febbraio a New Orleans ci sarà il 47simo , quattro le contendenti rimaste: Patriots, Ravens, Falcons e 49ers. E mentree tutta l’America trattiene il fiato in trepida attesa, gli spazi pubblicitari più cari al mondo sono già stati venduti.