La Corte suprema del Pakistan ha ordinato oggi l’arresto del primo ministro, Raja Pervez Ashraf. La decisione della massima istanza del potere giudiziario in Pakistan è arrivata alla fine del procedimento contro il premier implicato, secondo l’accusa, nello scandalo noto come ”rental power case”, rispetto all’assegnazione dell’appalto di una centrale elettrica a una compagnia turca. Diverse persone, fra cui Ashraf, all’epoca (2010) ministro dell’Energia, avrebbero preso tangenti di milioni di dollari. Assieme a lui, la Corte suprema ha ordinato l’arresto di altre quindici persone.
Il Pakistan vive ore di tensione. L’ordine di cattura per il primo ministro arriva mentre la capitale è blindata, dopo che esercito e polizia hanno ordinato la chiusura di scuole e uffici pubblici. Le vie di Islamabad, infatti, sono teatro da due giorni dei cortei di protesta dei seguaci di Tahir-ul-Qadri, leader religioso sunnita molto seguito. Migliaia di persone sono scese in strada per chiedere le dimissioni del governo in modo pacifico, ma intimando alle istituzioni l’assedio se non ci sarà l’avvio immediato di un processo di riforme democratiche a cominciare dall’organizzazione di libere elezioni. Le forze dell’ordine pakistane hanno istituito una ‘zona rossa’ attorno al Parlamento, ma la folla è a poco più di 500 metri dall’ingresso. In questo clima rovente, la decisione della Corte potrebbe servire per calmare la folla.
Il Pakistan, dalla fine degli anni Novanta, possiede testate nucleari. Il Paese è una polveriera: i pessimi rapporti con l’India, con la quale il Pakistan contende la sovranità sulla regione del Kashmir; la presenza di integralisti islamici che dall’Afghanistan riparano nel Paese, dove secondo i servizi di sicurezza occidentali trovano rifugio i leader talebani e dove è stato scovato e assassinato Osama bin Laden il 2 maggio 2011; la tensione settaria tra sunniti e sciiti che provoca attentanti sanguinosi quasi ogni giorno, fanno del Pakistan uno degli stati più instabili del pianeta. Per anni le giunte militari gradite a Washington e Ue hanno garantito, violando diritti umani e civili, un equilibrio che le forze religiose sembrano ora in grado di scardinare. Ma l’idea di una sorta di ‘primavera pakistana’, con la concreta possibilità che il potere finisca in mano a forze fuori dal controllo delle cancellerie occidentali, con tanto di testate atomiche, è inaccettabile per la Nato. L’ordine di arresto per Ashraf arriva in un momento chiave, ma bisognerà aspettare per valutare se questa decisione della Corte suprema basterà a riportare l’ordine a Islamabad e nel Paese.