E’ di questi giorni la notizia che un assessore del Comune di Bologna abbia ventilato la proposta di un ticket per i bambini che utilizzano i giochi nei parchi pubblici, non proprio una gabella, bensì una gabellina, dato che si tratta di 2 euro per un giro in giostrina. Questo perché pare che i giochi presenti nei parchi pubblici bolognesi siano irrimediabilmente danneggiati dai vandali con un costo per l’amministrazione di ottocentomila euro ogni anno. Sembra una decisione come un’altra, eppure, scoperchia uno scenario apocalittico.
Così facendo tra qualche anno, bambini e i genitori che si recheranno nei parchi pubblici bolognesi potrebbero trovarsi di fronte ad un cartello di questo tipo: “Mezz’ora sulla giostrina o sull’altalena: 2 euro. Scivolata sullo scivolo: 20 centesimi a discesa. Seduta su panchina: 50 cent/ora. Una fotografia scattata usando come sfondo il laghetto dei giardini Margherita: 30 cent/cad, (con paperelle, anche quelle hanno un certo costo per l’amministrazione 60 cent. N.B. Supplemento di 5 cent per ogni papera oltre le 5 messe a disposizione). Camminata sul prato (10 centesimi per ogni metro lineare percorso). Rastrelliera per le biciclette: abbonamento annuale 20 euro. Bevuta alle fontanelle: 1 euro a bicchiere. Ombra da albero in estate: 50 centesimi a metro quadrato. Spazio occupato da cittadino disteso su prato per abbronzatura: 5 euro a pomeriggio. Cestini pubblici: 10 centesimi a buttata. Vista di Bologna dai colli: 10 euro (con foto: 12 euro). Bagni pubblici: prezzo da definire una volta costruiti. Sconti comitive e carta fedeltà gratuita”.
Il tiro è stato subito aggiustato dall’assessore dopo la prima uscita sui giornali. I giochi a pagamento ci saranno, ma in un solo parco mentre in tutti gli altri luoghi verdi di svago si valuteranno collaborazioni con i privati. Intanto si è lanciato il sasso, come spesso succede in politica, per valutare le reazioni che non sono mancate.
Questa notizia mi permette di allargare la discussione. Da sempre l’antipolitica verte su di un solo ragionamento e cioè sul costo dei nostri rappresentanti: “guadagnano troppo, quindi bisogna tagliare i loro stipendi” – questo gridano a gran voce i grillini e gran parte del mondo politico che si è accodato malgrado sia noto da tempo il suo “predicar bene e razzolare male”. Eppure, un’affermazione di questo tipo dovrebbe avere una sua naturale evoluzione e cioè dovremmo tutti smettere di ragionare sui costi dei nostri rappresentanti e passare alla fase due e cioè alla valutazione del rendimento. Sicché la domanda dovrebbe essere un’altra: “Caro amministratore quanto hai reso alla collettività?”.
Ricordo che quando ero nei Verdi il nostro assessore firmò una delibera sui pannelli solari che tra contributi e incentivi avrebbe fruttato al comune un guadagno tale da coprire tutti gli stipendi elargiti a lui medesimo con in più un ulteriore guadagno stratosferico per le casse Comunali. Se, al contrario, l’attività di un nostro rappresentante si riduce al rilevamento di un problema e alla sua conseguente trasformazione in tassa è troppo facile! Non si può mettere in campo l’azione più ovvia, quella che chiunque avrebbe potuto inventarsi e cioè aggiungere un costo ulteriore alle già tante “gabellinate” pagate.
E’ ovvio, la classe politica non pratica soluzioni diverse da questa. Se invece s’imponesse il principio di resa, meritocrazia e creatività, sono certo che il nostro paese riuscirebbe ad uscire dalla crisi. Alle volte le soluzioni più semplici sono quelle più efficaci e dobbiamo tutti pretendere di avere dei politici che “si ripagano da soli” come si usa dire per certe auto che hanno ottime prestazioni e bassi consumi.