Con 579 voti favorevoli, 58 contrari e 60 astensioni, Strasburgo vara il nuovo pacchetto sulle tre sorelle che danno i voti al merito di credito di Stati e imprese. Stop ai “suggerimenti” di politica economica e ai giudizi politici
Maggiore trasparenza per le agenzie di rating. Che dovranno rispondere alla giustizia civile dei loro errori. Sono le novità introdotte dal nuovo regolamento approvato oggi dall’Europarlamento. Svolta epocale per alcuni, un testo al di sotto delle aspettative per altri: come ogni testo comunitario anche questo lascia dietro di sé entusiasti e delusi. I paletti introdotti, in ogni caso, sono effettivi e abbastanza limitanti: almeno in Europa le “big three”, che dominano il mercato: Standard and Poor’s, Moody’s e Fitch, non potranno continuare a fare quello che vogliono.
Il nuovo pacchetto di regole è passato a Strasburgo con 579 voti favorevoli, 58 contrari e 60 astensioni. Insomma, con una stragrande maggioranza, dovuta al fatto che l’Europarlamento, la Commissione e il Consiglio europeo avevano già trovato in merito un compromesso a fine novembre. E anche per l’insofferenza generalizzata nei confronti di queste società americane (solo Fitch è controllata da capitali francesi, anche se ha due sedi principali, a Londra e ancora a New York), che hanno penalizzato non poco i Paesi coinvolti dalla crisi dell’euro, Italia compresa e la stessa Francia.
“Da ora in poi le agenzie di rating – ha commentato Michel Barnier, commissario europeo ai Servizi finanziari – dovranno essere più trasparenti, quando daranno dei voti ai singoli Stati sovrani, e dovranno seguire regole più strette, che le obbligheranno a rendere dei conti nel caso di un errore, intenzionale o no”. “Con questo regolamento – ha sottolineato l’europarlamentare Pd Leonardo Domenici, relatore del provvedimento – facciamo dei passi in avanti: le novità introdotte sono pienamente coerenti con l’ispirazione di fondo del testo, ossia di favorire il rating interno, di avere una pluralità di voci affidabili e comparabili al servizio degli investitori e di mettere in discussione l’oligopolio che ha caratterizzato fino a oggi l’offerta di rating”. Meno entusiasta il suo collega belga, Philippe Lamberts, portavoce dei Verdi: “I problemi fondamentali delle agenzie di rating restano ancora oggi senza una risposta soddisfacente”. E ha puntato il dito soprattutto sul fatto che “sono quasi integralmente pagate dalle imprese delle quali valutano i prodotti finanziari”.
Ma veniamo, appunto, ai “passi in avanti” ricordati da Domenici. Il regolamento Ue impone alle agenzie, alla fine del dicembre di ogni anno, di rendere noto un calendario per i 12 mesi successivi, con la data di pubblicazione di non più di tre valutazioni non sollecitate per impresa o Stato sovrano. Il rating dovrà essere comunicato obbligatoriamente solo dopo la chiusura dei mercati o a minimo un’ora dalla sua apertura. Le agenzie dovranno astenersi dai “suggerimenti” di politica economica e dai giudizi politici: stop, inoltre, al rilascio di dichiarazioni che annuncino la revisione del voto di un determinato gruppo di Paesi, con il risultato di creare scompiglio sui mercati.
Non solo: gli emittenti di prodotti particolari (la finanza strutturata, composta da due elementi principali: un’obbligazione e una o più opzioni), che pagano per ottenere un rating, dovranno cambiare agenzia ogni quattro anni, così da assicurare una certa rotazione. Dalla misura sono escluse le società che si rivolgono anche a “piccole agenzie”, fuori dalla triade, che attualmente controlla il 90% del mercato a livello mondiale. Inoltre un’agenzia non potrà pubblicare un rating (o dovrà ammettere pubblicamente l’esistenza di un conflitto d’interesse) nel caso in cui un azionista, in possesso di almeno il 10% dei diritti di voto, abbia investito nell’azienda valutata. Senza contare che il regolamento impedisce a chiunque di essere proprietario di oltre il 5% del capitale di più agenzie di rating. Infine, gli investitori potranno citare in giudizioun’agenzia in una serie di casi, il conflitto d’interesse anche, ma pure per l’infondatezza di un rating.
Tra le proposte iniziali decadute, invece, quella di consentire agli Stati di impedire in determinati periodi la pubblicazione del rating. E poi niente da fare per il momento, a causa dei costi eccessivi, sulla costituzione un’agenzia di rating europea (potrebbe addirittura collocarsi all’interno della Banca centrale europea), per creare un’alternativa potente alle “big three”. Non è detto, pero’, che nel futuro qualcosa cambi da questo punto di vista. Perché è previsto che entro il luglio 2016 si effettui una nuova verifica nel settore. Per vedere se l’Europa dovrà intervenire o meno con un nuovo regolamento.