“Dopo aver esaminato la documentazione in nostro possesso”, mette a verbale Orlando Barucci, partner della società di consulenza Vitale & associati, “possiamo escludere di aver consegnato la fairness opinion a Princiotta in data 29 luglio 2005. E’ assolutamente certo che le bozze interne della fairness opinion siano state redatte all’interno della società dopo il 1 agosto 2005″. Una data falsa incastra Filippo Penati, l’ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani. L’acquisto delle azioni dell’autostrada Milano-Serravalle è stato deciso dalla Provincia di Milano, allora guidata da Penati, sulla base di una valutazione di “prezzo congruo” che ancora non era neppure stata scritta.

La delibera di giunta che decide in gran segreto l’acquisto delle azioni della Serravalle è del 29 luglio 2005. La relazione della Vitale & associati, che certifica che il prezzo pagato è giusto, viene redatta a cose fatte, a partire dal 1 agosto 2005, e consegnata nei giorni seguenti. Eppure un appunto scritto a mano sulla delibera dal braccio destro di Penati, Antonino Princiotta, segretario generale della Provincia, dice che il report dei consulenti è stato ricevuto e allegato in data 29 luglio. Nelle stesse settimane, il venditore delle azioni, il gruppo Gavio, che nell’operazione con Penati realizza una plusvalenza di ben 176 milioni di euro, entrava con 50 milioni di euro nella cordata del presidente dell’Unipol Giovanni Consorte, il ‘furbetto rosso’ lanciato alla conquista della Bnl. E’ Gabriele Albertini, allora sindaco di Milano, a denunciare che l’operazione Serravalle è uno spreco di denaro pubblico e uno scambio di favori tra Gavio e i ‘furbetti rossi’: una ricca plusvalenza a Gavio, in cambio del sostegno a Consorte.

La data falsa è l’ultima scoperta dei magistrati di Monza che indagano sul ‘Sistema Sesto‘ e su Filippo Penati. Era il 29 luglio 2005 quando la giunta di Penati decide, senza comunicarlo al Consiglio provinciale, di comprare dal gruppo Gavio il 15 per cento della Serravalle, arrivando così a controllare il 53 per cento della società. Operazione con scarsa logica industriale, visto che la Provincia insieme al Comune di Milano aveva già la maggioranza della società. E manovra soprattutto costosa: Penati fa spendere alla Provincia 238 milioni di euro, pagando 8,93 euro azioni che, solo 18 mesi prima, il costruttore Marcellino Gavio aveva pagato 2,9 euro.

Princiotta ha sostenuto, davanti ai pm di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia, che tutto è regolare. Sulla delibera c’è il timbro del protocollo della Provincia e il suo appunto scritto a mano, con data 29 luglio 2005. Lo contraddice Orlando Barucci, partner della Vitale & associati, sentito da Mapelli il 21 dicembre 2012: “E’ assolutamente certo che le bozze interne della fairness opinion siano state redatte all’interno della società dopo il 1 agosto 2005”.

La dichiarazione di Princiotta è un falso in atto pubblico, sostiene la procura di Monza. E’ in discussione se è ormai coperto o no dalla prescrizione, ma comunque resta pesante per le sue ricadute sul processo per corruzione con imputati Princiotta e Penati. E’ l’imprenditore Piero Di Caterina a testimoniare di aver pagato almeno 100 mila euro al braccio destro del presidente della Provincia, per essere favorito nei suoi rapporti con la pubblica amministrazione. E’ uno dei capitoli della grande inchiesta sul ‘Sistema Sesto’, le aree Falck, gli affari della Provincia, la Serravalle e i finanziamenti a Penati, per cui 23 indagati andranno il 23 gennaio davanti al giudice delle indagini preliminari che deciderà se rinviarli a giudizio. Tra i personaggi coinvolti, Di Caterina, il braccio destro di Marcellino Gavio Bruno Binasco, il grande intermediario di Penati Renato Sarno, gli uomini delle coop rosse Omer Degli Esposti, Francesco Agnello e Giampaolo Salami. I due protagonisti principali, Penati e Princiotta, hanno chiesto il giudizio immediato. Il falso nelle carte della Serravalle, se provato, peserà nel giudizio sulla corruzione.

La possibilità che ci sia stato uno scambio di favori Gavio-Penati-Consorte parrebbe rafforzata da alcune intercettazioni telefoniche del 2004. A proposito delle azioni Serravalle, Marcellino Gavio allora confessava: “Sto facendo un pensierino sottovoce a vendere tutto per 4 euro”. E il suo braccio destro, Bruno Binasco, lo rassicurava: “Sicuramente portiamo a casa dei bei soldi”. Gavio era dunque disposto a vendere a 4 euro: eppure un anno dopo riesce a portare a casa più del doppio. “Il problema non è Penati”, dice Binasco a Gavio il 28 giugno 2004, “perché con lui un accordo lo si trova. Il vero problema è Albertini”. Due giorni dopo, il 30 giugno 2004, entra in scena Pier Luigi Bersani, allora dirigente dei Ds: “Bersani dice a Gavio che ha parlato con Penati… Dice a Gavio di cercarlo per incontrarsi in modo riservato: ora fermiamo tutto e vedrà che tra una decina di giorni, quando vi vedrete, troverete un modo…”. Il 5 luglio, è Penati a chiamare Gavio: “Buon giorno, mi ha dato il suo numero l’onorevole Bersani…”. Gavio: “Sì, volevo fare due chiacchiere con lei quando era possibile…”. Penati: “Guardi, non so… Beviamo un caffè”.

L’incontro avviene. “In modo riservato”, come suggerito da Bersani: non in una sede istituzionale, ma in un albergo di Roma. Non sappiamo naturalmente quale sia stato l’oggetto del colloquio a quattr’occhi. Sappiamo però che, alla fine, la Provincia di Milano compra la Serravalle, a caro prezzo. E Gavio sostiene Unipol. Il ‘Caso Sesto’ passa da Milano e arriva fino a Roma.

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