Ci sono politici che sanno vedere le connessioni? Che sono coscienti, ad esempio, che quando si parla di ambiente occorre considerare il ruolo del cibo? Quanti, tra i numerosi candidati alle prossime elezioni, intendono dare rilievo alle politiche alimentari?
Credo sia fin troppo facile prevedere che ne sentiremo parlare poco in questa campagna elettorale. Soprattutto perché non ne parleranno i principali candidati a guidare il futuro Governo e, di conseguenza, non ne parleranno i giornali e le televisioni. E la grandissima maggioranza degli italiani andrà a votare ancora una volta convinta che questi temi siano di secondo piano rispetto a tasse, lavoro, economia, spread, giustizia. Come se da una nuova e differente visione dell’ambiente non dipendessero invece tutti quei temi. Come se l’ambiente non fosse davvero la prima emergenza del Paese e del Pianeta ma anche la prima opportunità per un nuovo rinascimento italiano.
Slow Food ha messo assieme qualche idea. Non è un’agenda e nemmeno una proposta esaustiva. Si tratta piuttosto di una serie di appunti, alcune priorità e alcuni temi particolarmente sensibili. Sono le cose con cui ci confrontiamo tutti i giorni, i problemi che più spesso incrociano il nostro cammino. Soprattutto non sono “politiche agricole” o “ambientali”, bensì “alimentari”. Per noi dire politiche alimentari significa, infatti, parlare di politiche condivise e interconnesse: ambiente, agricoltura, educazione, salute, economia, giustizia, sviluppo, industria, beni culturali. Non esiste confine: se si fa politica per il cibo e per l’agricoltura, si fa politica su tutto e per tutti. E chi fa politica deve imparare a vedere queste connessioni e deve imparare a decidere sapendo cosa accade nel sistema complesso che è generato dall’interconnessione tra i vari ambiti.
Occorre dunque, a mio modesto parere, che questa campagna elettorale si svolga (anche) al contrario: invece dei candidati che vanno a perorare la causa della propria lista, abbiamo bisogno di elettori che vanno a perorare presso questi candidati le proprie cause comuni. Non mi interessa più di tanto sentire cosa hanno da proporre i candidati, dato che oltretutto non possiamo scegliere a chi dare la preferenza. E allora che ci stiano ad ascoltare! Che sentano cosa si aspettano le comunità di cittadini, i movimenti della società civile, le reti di associazioni.
E poi non dimentichiamoci che la campagna elettorale dura 40 giorni ma la legislatura durerà (forse) cinque anni. Non è in questi 40 giorni che facciamo la differenza: sarà la capacità di sostenere le nostre idee e le nostre proposte nei cinque anni che potrà portare a qualche risultato.
Per alcuni dei punti proposti nel documento di Slow Food si sta già lavorando da tempo: è il caso, ad esempio, della legge “salva suoli” su cui è attivo il Forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio con il coinvolgimento di tanti comitati locali e associazioni. In altri casi il lavoro è ancora da fare.
Per adesso, come prima cosa, chi si ritrova in parte o in tutto nelle nostre proposte ci aiuti a farle arrivare ai candidati del proprio territorio. E dite la vostra rispetto a cosa vorreste vedere fatto dal prossimo Parlamento (ma anche dai prossimi Consigli regionali di Lombardia, Lazio e Molise) in tema di politiche alimentari.