Marcello Dell’Utri ha messo in contatto Silvio Berlusconi con Cosa nostra, permettendo che la mafia condizionasse la linea imprenditoriale e politica del Paese. Con queste parole il sostituto procuratore generale Luigi Patronaggio ha concluso la sua requisitoria davanti la corte d’Appello di Palermo chiedendo la condanna a sette anni di reclusione per il senatore del Pdl. “Non posso per legge chiedere di più rispetto alla pena inflitta nel 2010, ma penso che la capacità di inquinamento della vita politica e imprenditoriale del senatore sia stata ben più grave” ha detto Patronaggio, commentando la sua richiesta di condanna per Dell’Utri, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Nel giugno del 2010 la corte d’appello di Palermo aveva già condannato l’ex manager di Pubblitalia a sette anni di carcere, ma la corte di Cassazione, nel marzo scorso, aveva annullato quella condanna ordinando un nuovo processo. Obiettivo del nuovo dibattimento provare che i rapporti tra Dell’Utri e i boss, dopo il 1977, non si siano mai interrotti. Dopo sei mesi di udienze, il pg Patronaggio ha concluso la sua requisitoria , in cui ha ricostruito il rapporto “trentennale e continuativo” che legherebbe tra Dell’Utri e Cosa Nostra. “Un patto scellerato di mediazione – l’ha definito il pg – che inizia negli anni ‘70: fino al 1986 il referente di Dell’Utri erano i fratelli Pullarà di Santa Maria di Gesù, a partire dal 1986 era Totò Riina. Cosa nostra ha stipulato un patto di protezione con Dell’Utri in favore di Berlusconi, ma l’associazione mafiosa non è certo un’agenzia di assicurazioni e vuole il proprio tornaconto”

Fino agli anni ’80 i rapporti tra gli elementi di spicco di Cosa Nostra e Marcello Dell’Utri erano di cordialità. A questo proposito Patronaggio ha fatto cenno ad una cassata siciliana da undici chili, “una cassata da Guinnes dei Primati”, che Gaetano Cinà spedì ad Alberto Dell’Utri, gemello del senatore, nel Natale del 1986. Sul dolce tipico siciliano, destinato a Silvio Berlusconi, i boss mafiosi avevano fatto scrivere semplicemente “Canale 5”. “Quella cassata inviata nel Natale del 1986 a Silvio Berlusconi proverebbe i rapporti tra Cosa nostra e Marcello dell’Utri, che avrebbe fatto da mediatore” ha detto Patronaggio. Poi però tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 i rapporti tra Arcore e la Sicilia cambiano: nel “patto scellerato” s’inserisce una componente politica. Tra il marzo e il dicembre del 1992 Dell’Utri, insieme al politologo Ezio Cartotto, mette a punto Forza Italia, il partito azienda da contrapporre ai progressisti. ”Caduto Craxi, Cosa nostra pose le sue attenzioni su Forza Italia. Non fu la mafia a fare vincere le elezioni a Forza Italia, ma votò quel partito: avevano bisogno di un nuovo referente politico e quel referente politico fu trovato in Forza Italia”. E in quel momento che, secondo i magistrati della procura di Palermo che indagano sulla trattativa Stato – mafia, Dell’Utri diventa “l’uomo cerniera” capace di condurre le richieste estorsive di Cosa Nostra a Silvio Berlusconi, nel frattempo diventato presidente del consiglio.  

“A dicembre ‘93 c’è il rilancio del patto fra Cosa Nostra e Dell’Utri” ha spiegato l’accusa. “Abbiamo il paese nelle mani” è la frase che il boss di Brancaccio Filippo Graviano avrebbe detto al collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza. A fare da trait d’union tra Cosa Nostra e Dell’Utri sarebbero stati proprio i fratelli Graviano. “Dell’Utri – ha spiegato Patronaggio – ha caldeggiato il provino del calciatore Gaetano D’Agostino (oggi centrocampista del Siena, ndr) nelle giovanili del Milan perché intervennero i boss mafiosi Giuseppe e Filippo Graviano: sono contatti di una gravità inaudita perché si tratta dei capimafia di Brancaccio, responsabili delle stragi più gravi che hanno segnato il nostro Paese”. Ma i rapporti tra Dell’Utri e Cosa Nostra sarebbero proseguiti ben oltre il 1992, data per cui la Cassazione ha assolto l’imputato. “Dobbiamo votare Dell’Utri altrimenti lo fottono” è l’ordine che i boss, intercettati, si passano per le elezioni europee del 1999, durante le riunioni all’autoscuola Amato a Palermo, uno dei luoghi frequentati da Bernardo Provenzano da latitante. “Dell’Utri promette, promette, ma non finora ha mantenuto” è invece le nota di disappunto espressa dal boss Giuseppe Guttadauro nel 2001. “Non vi sono interruzioni nella continuità del reato e comunque anche se vi fossero c’è il vincolo di continuazione tra le varie condotte contestate, che consente di agganciarsi come termine iniziale della prescrizione al maggio del ’92” ha spiegato Patronaggio. Sulla posizione processuale di Dell’Utri infatti incombe adesso la prescrizione. “Siamo abituati a vedere le più grandi questioni di questioni Paese irrisolte con sentenze di proscioglimento che non fanno prendere posizione ai giudici” ha concluso l’accusa, provocando l’intervento del presidente della corte Raimondo Lo Forti che ha osservato come “la prescrizione è frutto di un calcolo matematico”. Nel caso di Dell’Utri si realizzerebbe nel novembre del 2014. I giudici del secondo processo d’appello si riuniranno in camera di consiglio il 4 marzo: la sentenza arriverà quindi dopo le elezioni politiche.

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