Sugli adesivi promozionali Warp c’era scritto: We Are Reasonable People. Un semplice acronimo oppure sarà per questo che l’aggettivo più utilizzato per descrivere l’elettronica astratta ed innovativa, lanciata a partire dal 1989 in quel di Sheffield dall’etichetta fondata da Steve Beckett e Rob Mitchell, è sempre stato “intelligente”? O forse sarà perché le produzioni col marchio Warp sono state fin da subito connotate da un’aura di serafica e profetica saggezza, un’intelligenza quasi sovrumana, artificiale, che pareva propria di chi aveva visto mondi futuri ed altre galassie, come nei video degli Autechre?

La definizione Intelligent Dance Music, con i suoi forse involontari e goffi esiti elitari, ha avuto in realtà una genesi più complessa, nascendo da una sorta di dicotomia tra Intelligent Techno e forme più marcatamente rave-oriented dispiegatasi nel periodo magmatico di trasformazione a cavallo tra i due decenni e nei primissimi Novanta. Un po’ storditi da qualche droguccia forse molti lo erano, ok, ma di certo non decerebrati: immaginiamo dunque che l’intelligenza abbia pur sempre albergato anche nelle menti dei raver più incalliti ed anzi non si può considerare la nascita della Warp senza tutto quell’ambiente acido e quel contesto che ha acceso poi la miccia all’Hardcore Continuum.

E allora, così pure il paparino Richard D. James sarà certamente più lieto, rievochiamo anche altri termini ormai desueti come Braindance per descrivere alcune di queste nuove forme elettroniche che potevi ballare anche soltanto dentro il tuo cervello, mantenendo le chiappe saldamente sprofondate nel divano, e non per forza a shakerare su un dancefloor. Magari proprio quella poltrona immortalata sulla copertina di Artificial Intelligence, una delle antologie chiave pubblicate nel primo periodo Warp, nel 1992: se l’anno precedente era già uscito il primo capolavoro sotto le insegne della neonata label, ovvero Frequencies di LFO, in questa raccolta seminale compaiono artisti del calibro di Autechre, Alex Paterson degli Orb, Speedy J, Aphex Twin, B12 ed anche The Black Dog nelle vesti di I.A.O ovvero quel Ken Downie che insieme ad Ed Handley ed Andy Turner avrebbe partorito l’anno successivo il primo storico Bytes di The Black Dog Productions. All’interno di Bytes ci sono già alcune tracce a nome Plaid ovvero il duo formato dai soli Handley e Turner che aveva esordito nel 1991 con l’LP Mbuki Mvuki e che nel 1995, dopo l’uscita di un altro grande disco come Spanners, si sarebbe definitivamente staccato per produrre autonomamente con quella ragione sociale fino ai nostri giorni.

Nel 1997 la Warp pubblica Not For Threes, il discone che segna l’inizio di una nuova stagione musicale per i Plaid. Se sono le macchine protagoniste nell’esprimere un proprio linguaggio cibernetico ed “umanizzato”, occorre tuttavia ricordare che vi sono almeno un paio di brani segnati da interventi vocali di assoluto rilievo: Nicolette nella straordinaria Extork e Bjork in Lilith. Album magnifico, che altro dire? Che i Plaid hanno saputo ripetersi negli anni successivi con altri dischi di assoluta qualità come Rest Proof Clockwork nel 1999 e Double Figure due anni più tardi e che nel decennio scorso si sono avvicinati con decisione al mondo delle colonne sonore, musicando ad esempio un anime giapponese pregevole e di successo come Tekkonkinkreet, un altro lungometraggio nipponico intitolato Heaven’s Door e realizzando di recente anche la soundtrack di un film interattivo sperimentale, The Carp and the Seagull, il cui autore è Evan Boehm. Nel corso del 2011, dopo un lungo periodo dedicato alla musica per immagini, è giunto anche il loro primo album a distanza di otto anni dal precedente, e a tratti ancor memorabile, Spokes: Scintilli ha visto la luce ancora su Warp, un’etichetta storica che come poche altre (mi viene in mente la 4AD ad esempio) ha saputo rinnovarsi mantenendo vitale, pulsante, in linea con quello dei tempi ma intatto il proprio spirito primigenio. La Warp conserva nel proprio roster gli artisti storici che hanno forgiato il suo classico suono – basti pensare, a dimostrazione di cui sopra, che a marzo uscirà un quadruplo vinile degli Autechre! – ma nel corso degli anni si è sempre saputa aprire con lungimiranza al nuovo, mettendo sotto contratto i migliori talenti in circolazione: al giorno d’oggi è ancora all’avanguardia con le produzioni di Rustie, TNGHT, Flying Lotus, Kwes e tanti altri. Ad ogni modo, per uno sguardo intenso ed approfondito sull’etichetta inglese consiglio caldamente un bellissimo omonimo volume ad essa dedicato, a cura di Rob Young, uscito nel 2006 per Black Dog Publishing nell’ambito della collana labels unlimited.

In questo periodo si tirano come sempre le somme dell’annata musicale appena conclusasi. Con qualche amico addetto ai lavori consideravo nelle scorse settimane che alcuni tra i migliori live in assoluto cui ho assistito nel corso del 2012 sono stati proprio quelli di artisti Warp, nemmeno di primo pelo oltretutto bensì vere e proprie colonne portanti come LFO, Clark e per l’appunto Plaid. Dunque fate voi i conti: i Plaid suoneranno sabato 19 gennaio al Locomotiv Club di via Serlio, Bologna.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

New Future, le opere di tredici artisti dialogano con la scienza (foto)

next
Articolo Successivo

Django Unchained, omaggio in Cineteca con gli spaghetti western (foto)

next