Il cielo sopra Berlino ne avrebbe di storia da raccontare: frontiera politica ed ideologica dei due mondi nella seconda metà del Secolo Breve è diventata dai tempi della caduta del muro in poi la patria mondiale della cultura underground; dall’anarco-punk di Kreuzberg negli anni ’80 alla sofisticata techno dei debosciati party senza fine del Berghain, la capitale della Germania unita è una calamita per giovani (e meno giovani) creativi di mezzo mondo occidentale alla ricerca di opportunità e di un modello di vita alternativo. Se il competitivo mercato del lavoro e l’elevato costo della vita di città come Londra, Amsterdam e New York ha messo in fuga, nei primi anni del terzo millennio, quegli artisti e quei creativi che ne avevano costruito negli anni 80 e 90 il celebre reticolo di controculture, la filosofia a basso costo di Berlino rappresenta da anni il volto sociale d’occidente, scelta da un numero crescente di giovani di tutta Europa.

“L’immagine che avevo di Berlino prima di trasferirmi era quella di una città anticapitalista e rispettosa delle controculture, dove non ruota tutto intorno ai soldi”. Nicola, toscano, ha 27 anni e vive a Berlino da 4. In Italia studiava psicologia ma a pochi esami dalla laurea ha deciso di mollare l’università e partire: “Che prospettive potevo avere li? Ho preferito andarmene e ricominciare in un luogo dove il mio stile di vita viene rispettato e dove non sei strangolato da costi insostenibili”. Dopo una serie di lavori di fortuna, arriva il lampo di genio e l’idea di avviare un’iniziativa coerente con i suoi ideali. “Ho acquistato un furgone e con l’aiuto di alcuni amici, l’ho allestito a ‘pizzeria mobile’. Ottenere le autorizzazioni è stato facile e per i primi due anni d’attività non dovrò versare tasse all’erario tedesco. Inoltre il governo del Lander mi paga l’affitto di casa”. Nicola è soddisfatto della sua scelta di vita ma ammette che la popolarità non sta giocando interamente a favore della vivibilità di Berlino. “I costi sono aumentati in maniera consistente e trovare un alloggio è ormai un’impresa. La città sta sfruttando la sua celebre immagine, costruita interamente da quelle comunità underground politicizzate e dagli artisti che tra qualche anno rischiano di essere messi alla porta, nonostante siano stati i principali artefici della sua fortuna”.

E’ della stessa opinione Caterina, torinese, una laurea in Comunicazione Pubblica conseguita in Italia che a Berlino lavora presso gli uffici di un’etichetta discografica specializzata in musica elettronica. “La questione degli alloggi, sta diventando un serio problema – dice – e l’elevato tasso di disoccupazione non aiuta di certo a superarlo – ma, aggiunge – la precarietà ed il carattere temporaneo delle attività che si possono svolgere a Berlino, non rappresentano per forza un tratto negativo. Anzi, forse ne sono la sua forza. Il settore creativo, per propria natura, presuppone un movimento circolare costante – prosegue- quindi nessuno qui lavora con l’idea del posto fisso ma piuttosto per accumlare saperi e collaborare con gli altri. In fondo il costo contenuto della vita ed il solido welfare tedesco, consentono di poter condurre un’esistenza dignitosa e di occuparsi a tempo pieno delle attività di proprio interesse”.

Per Matteo Alviti, collaboratore da Berlino dell’Ansa, il processo di gentrificazione della città ha una spiegazione nel grave dissesto finanziario della capitale tedesca: “Berlino è da anni la città più indebitata e con il più alto tasso di disoccupazione del paese. La combinazione tra la congiuntura economica tedesca ed il successo d’immagine della città hanno spinto l’amministrazione a favorire le soluzioni più a portata di mano – dice- Tra queste il mattone è stata certamente una delle principali ma non bisogna dimenticare le start-up e le aziende che operano nel settore tecnologico”. Si rischia anche qui un’invasione di multinazionali e di classe media impiegatizia? “Berlino non è attraente come Francoforte ed Amburgo per personale internazionale – prosegue- e non ha solide risorse legate alla grande finanza quindi la città è certamente meno esposta”.

Berlino è dunque una fabbrica dei sogni? “Per chi ha un progetto e decide di investirci, a certe condizioni, lo è”, precisa Luca, trentenne siciliano, di professione dj e produttore di musica elettronica con in tasca una laurea in lettere ed un master in scienze cognitive. Nella capitale dal 2008, ha fondato un’etichetta specializzata in musica techno ed ha ben chiari opportunità e limiti della sua città d’adozione. “Sicuramente il costo della vita è salito ed i costruttori stanno approfittando della popolarità degli appartamenti berlinesi, sul mercato ad un costo largamente inferiore rispetto al resto d’Europa ma è anche vero che molti artisti, che devono la propria fortuna alla semplicità ed all’orginalità di Berlino, stanno a loro volta acquistando proprietà immobiliari per cercare di frenare quell’inevitabile ‘normalizzazione’ che sul lungo termine potrebbe snaturare la città”. Magari è proprio questa la soluzione per salvare l’originalità di Berlino.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Project manager licenziata da Yahoo ora pittrice on line a San Francisco

next
Articolo Successivo

Crisi, l’esodo dei manager italiani in Europa. Ma la trasferta è ‘senza ritorno’

next