Per essere giornalisti d’inchiesta è necessario avere un mix di elementi: competenze, tempo, denaro e, soprattutto, molto coraggio. Oggi in Italia un nuovo gruppo di persone intende occuparsi di questo genere giornalistico, tra i meno diffusi, specie nel nostro Paese. Il progetto si chiama Irpi, l’acronimo di Investigative reporting project Italy, ed è nato grazie all’iniziativa di otto giornalisti italiani nel luglio del 2012. Con l’obiettivo di occuparsi di giornalismo d’inchiesta sia a livello locale che a livello transnazionale, Irpi vuole sviluppare progetti giornalistici multimediali aperti a tutte le sollecitazioni. Con un servizio di fixing ai media e ai reporter stranieri, il progetto vuole sviluppare un’area di mercato al momento poco esplorata in Italia.
“Irpi nasce sul modello di altri centri di giornalismo d’inchiesta sorti dagli anni ’60 in poi negli Stati Uniti, per poi arrivare in Europa, Gran Bretagna in primis, e in altre parti del mondo – spiega Cecilia Ferrara, una delle fondatrici del gruppo – Irpi cercherà di ragionare anche su come si fa a promuovere l’indipendenza dei media, su come finanziare inchieste lunghe e costose che oggi nessun giornale sostiene più e su come riuscire a portarle avanti senza subire pressioni”.
Le origini di Irpi risalgono all’ottobre del 2011. Al ritorno da un viaggio a Kiev per seguire la settima edizione della Conferenza di giornalismo investigativo mondiale (GIJC), i futuri fondatori del progetto italiano si sono chiesti se non si potesse esportare anche nel nostro Paese quel tipo di giornalismo d’inchiesta, da tempo affermato altrove. All’idea iniziale, seguirono mesi di grande fervore, di elaborazione, di scambi di idee con famosi colleghi americani ed europei, alcuni dei quali sono diventati poi consulenti del gruppo.
La novità di Irpi nel panorama giornalistico italiano consiste soprattutto nei modelli di finanziamento delle proprie inchieste e nelle caratteristiche di chi vi collabora. “In particolare Irpi è formato da giornalisti che hanno lavorato all’estero e si sono occupati spesso di storie che non si fermano alle frontiere nazionali – spiega ancora Cecilia Ferrara – La caratteristica del nostro centro quindi è quella di avere il cuore in Italia, ma lo sguardo aperto oltre i confini nazionali, impegnato nella costruzione di una rete internazionale di collaboratori e colleghi”. La vera sfida, per gli ideatori di Irpi, consiste quindi nel diffondere questo modello di approfondimento e apertura mentale anche nel nostro Paese. “Se anche in Italia ci fossero mille centri indipendenti di giornalismo investigativo, visto lo stato della stampa nostrana, sarebbero comunque sempre troppo pochi”, conclude Cecilia.
Fanno parte di Irpi: Guia Baggi, ispiratrice di questa avventura, grazie ai suoi studi sulle associazioni non-profit di giornalismo investigativo; Leo Sisti, già inviato speciale de l’Espresso, ora collaboratore dello stesso settimanale nonché de Il Fatto Quotidiano, da anni membro dell’International consortium of investigative journalists (Icij) di Washington, la più importante ‘scuola’ di giornalismo transnazionale; Cecilia Anesi e Giulio Rubino, giornalisti e videomaker, co-autori del documentario “Toxic Europe”; Lorenzo Bodrero, esperto di criminalità organizzata; Cecilia Ferrara, esperta di criminalità organizzata e di Balcani; Guido Romeo, caposervizio della sezione scienze di Wired Italia ed esperto di data journalism; Alessia Cerantola, esperta di Estremo Oriente; Mara Monti, esperta di economia e finanza.
I soci onorari sono: Mark Lee Hunter, americano, ora professore alla Insead business school di Parigi; David Leigh, inglese, ‘editor’ della sezione investigativa di The Guardian; Charles Lewis, americano, fondatore del Center for public integrity di Washington, ‘padre’ dell’International consortium of investigative journalists (Icij), attualmente professore all’American University School of Communication; Serena Tinari, giornalista di Rsi, il servizio pubblico radiotelevisivo svizzero in lingua italiana, e membro di Icij; Milena Gabanelli, conduttrice del programma Report, una delle poche trasmissioni di inchiesta della televisione pubblica italiana.