Il 43% dei tagli cesarei è ingiustificato. Uno spreco da 85 mln. Esaminando le cartelle cliniche è stata rilevata una estesa incongruità con le informazioni riportate nella schede di dimissioni ospedaliere e che non giustificano il ricorso al cesareo. In particolare, si è evidenziato come la condizione della “posizione e presentazione anomala del feto”, che giustificherebbe il ricorso al cesareo e che ha una frequenza nazionale dell’8% circa, ha raggiunto in alcune strutture valori superiori al 20% ed in altre addirittura superiori al 50%. Tali dati fanno sorgere il fondato sospetto di una utilizzazione opportunistica del taglio cesareo, non basata su reali necessità cliniche. Il ricorso ingiustificato al cesareo oltre che porre pesanti questioni di salute per la donna pone pesanti questioni finanziarie per la sanità.Il costo di questi interventi ingiustificati ammonta a “80-85 milioni di euro di spreco. Un ricovero ospedaliero per parto naturale, in regime ordinario con degenza superiore ad 1 giorno, ha una tariffa pari a 1318,64 euro, mentre la stessa tipologia di ricovero per parto cesareo ha una tariffa di 2457,72 euro. Ogni parto cesareo ingiustificato spreca 1139,08 euro.”
La questione è drammatica quanto grottesca: da una parte il ministero dice che ci sono problemi di legalità dei comportamenti professionali dei medici , dall’altra i ginecologi hanno organizzato una protesta per febbraio per affrontare il problema del contenzioso legale, chiedendo la copertura assicurativa. Cioè pare che a nessuno dei due sia venuto in mente di correlare le questioni, cioè a nessuno è venuto in mente che esista una spirale perversa da spezzare:
la sanità crea suo malgrado problemi ai cittadini;
i cittadini ricorrono in tribunale contro la sanità facendo crescere il contenzioso legale;
il contenzioso legale induce comportamenti opportunisti da parte dei ginecologi che si difendono mettendo in campo pratiche poco ortodosse come i tagli cesarei ingiustificati;
i comportamenti opportunisti sovra caricano il sistema sanitario di costi mentre esso si trova in ginocchio per i tagli lineari ostacolando le coperture assicurative e accrescendo i problemi ai cittadini che continuano a ricorrere al tribunale;
e il giro si ripete in modo spiraliforme all’infinito;
Questa spirale perversa va spezzata intanto evitando di entrare nell’ottica dell’intervento tampone come sembrano voler cercare i ginecologi esasperati o come quello della via legale al quale pensa Balduzzi. Che Balduzzi, appena transitato dal Pd alla lista Monti e che quindi dovrebbe intendersi di “comportamenti opportunisti”, avesse coinvolto i Nas ipotizzando nei confronti dei comportamenti opportunisti dei medici lesioni personali gravi, truffa a carico del Servizio sanitario nazionale, falso in atto pubblico, è una boiata pazzesca. Da un lato, sarebbe come sancire un fallimento delle istituzioni parlamentari che in questi anni sul problema contenzioso legale non hanno prodotto uno straccio di provvedimento, dall’altro sancire la morte della politica che si dichiarerebbe incapace di mettere in campo dei cambiamenti risolutivi.
Che Balduzzi voglia portare i medici in tribunale quando come governo non ha fatto nulla per risolvere questi problemi, anzi al contrario con i tagli lineari ha messo il sistema in condizioni estreme, lo trovo francamente una vigliaccata . Il contenzioso legale in sanità è un cancro distruttivo ma in quanto tale è un caratteristico conflitto della post modernità tra medicina e società dovuto a profondi cambiamenti culturali. Esso andrebbe affrontato non solo sul piano assicurativo ma cambiando alcune cose che principalmente riguardano il rapporto con i malati, i loro famigliari, e più in generale la comunità sociale, le organizzazione dei reparti, la formazione dei medici ecc.
La medicina difensivistica è un comportamento opportunistico che proprio come dimostrano i tagli cesarei ingiustificati compromette ogni più elementare ortodossia metodologica. Per i ginecologi difendersi dal conflitto con i cittadini con meno ortodossia è una follia, perché significa condannarsi alla delegittimazione sociale; pensare poi di cavarsela con le coperture assicurative alle quali avrebbero comunque diritto non è risolutivo. Il buon senso suggerirebbe di risolvere la questione intervenendo sulle condizioni che allo stesso tempo favoriscono il contenzioso legale e i comportamenti difensivistici .
Un cambiamento simile avrebbe tra le varie cose anche l’effetto di abbassare i costi delle coperture assicurative e quindi favorire quelle generalizzate. Non va dimenticato che siamo in un contesto in cui la questione delle risorse è drammatica, nel quale i medici da anni rischiano di essere snaturati nei loro postulati professionali, nel quale i famosi “pazienti” di cui tutti parlano non sanno più cosa fare per far capire che sono diventati “esigenti”. Con un gioco di parole vorrei dire che oggi non ci si può limitare ad “assicurare” l’invarianza di un sistema che fa ormai acqua da tutte le parti, al contrario si tratta semmai di “assicurare” il cambiamento del sistema per riformarlo e rimuovere così le sue pesanti contraddizioni. Non si spezza questa spirale perversa senza mettere in condizioni i medici di essere ortodossi nelle loro pratiche clinico-chirurgiche, di essere coperti da ragionevoli rischi professionali senza che per questo diventino impunibili per le loro responsabilità professionali, senza imparare ad avere relazioni con le persone, coinvolgendole nelle scelte, corresponsabilizzandole nelle decisioni. Se si hanno buone relazioni il contenzioso legale si abbatte. Per avere buone relazioni non servono soldi ma sensibilità.