Alla fine la poltrona che da mesi il sindaco Federico Pizzarotti gli chiedeva di rimettere nelle mani del Comune di Parma, Luigi Giuseppe Villani ha dovuto lasciarla davvero. Dopo essere finito agli arresti domiciliari con l’accusa di peculato e corruzione, il capogruppo Pdl in Regione ha rassegnato le sue dimissioni da tutte le cariche ricoperte in seno al gruppo Iren. Una scelta quasi obbligata dopo l’arresto e l’ultima recente scoperta della Finanza, che nei cassetti della sua scrivania durante le perquisizioni ha rinvenuto copie dei conti correnti bancari del procuratore capo Gerardo Laguardia, e anche un atto che potrebbe convincere il giudice a concedergli una misura meno restrittiva. A comunicare il passo indietro di Villani è stata la multiutility, che dopo lo scoppio dello scandalo Public Money, l’inchiesta che ha travolto anche l’ex sindaco Pietro Vignali, l’imprenditore ed editore Angelo Buzzi, l’ex amministratore della società partecipata comunale Stt Andrea Costa e altre venti persone che risultano indagate, si era dichiarata parte lesa.
Gli interrogatori di garanzia. Negli interrogatori di garanzia cominciati sabato mattina di fronte al giudice Maria Cristina Sarli e al pm Paola Dal Monte, Costa è stato l’unico ad avvalersi della facoltà di non rispondere, il volto provato sul taxi che dalla Procura lo ha ricondotto alla sua abitazione dopo pochi minuti. Per quasi due ore invece hanno parlato Buzzi, uscito da un ingresso posteriore per schivare i giornalisti, e Villani, mentre per Vignali si dovrà attendere lunedì. La Procura era blindata per evitare l’ingresso della stampa e di qualche curioso, che comunque si è presentato per chiedere di potere assistere agli interrogatori. Ironia della sorte, i cittadini che secondo l’accusa in questi anni Vignali e Villani hanno cercato in tutti i modi di tirare dalla loro parte, chiedono di sapere la verità.
Il controllo della stampa. Nel gioco dei consensi le poltrone di Iren, che oggi sono vuote, hanno avuto un peso non indifferente. Dagli atti della Procura risulta che proprio in cambio di una nomina come presidente di Iren Emilia, l’editore di Polis Quotidiano Buzzi abbia “imbavagliato” il suo giornale, acconsentendo di allinearsi all’amministrazione di centrodestra che lo considerava “la spina nel fianco”.
In una telefonata intercettata dagli inquirenti, il sindaco Vignali spiegava, riferendosi all’editore Buzzi, che “se lui viene nominato… lui smette di spararmi contro… ecco! Il concetto è questo qua… alla fine”. Così, dopo una serie di contrattazioni in cui il sindaco pensa per Buzzi a poltrone alle Fiere, in Iren o al Teatro Regio, arriva la nomina in Iren Emilia. Nell’estate 2010 si avvia il cambio di linea editoriale del giornale con un nuovo direttore, Emilio Piervincenzi (che non è coinvolto nell’inchiesta), e gli stipendi dei giornalisti e dei dipendenti di Polis, oltre a un emolumento extra concordato con il direttore, vengono pagati con soldi pubblici (98.400 euro) che Costa distrae da Stt, che a sua volta li drena da CasAdesso (un’altra società partecipata che si occupa di politiche abitative). Il quotidiano che all’indomani del blitz della Finanza è uscito in prima pagina con il titolo “Hanno arrestato il nostro editore”, e che continua ad essere in edicola, era solo uno di quelli che l’allora sindaco Vignali aveva tentato di zittire. Scrive il giudice nell’ordinanza che “per garantirsi linee editoriali favorevoli vi era stato l’acquisto di Polis e poi il tentativo di acquistare anche il giornale l’Informazione”, che a fine 2011 ha chiuso.
La macchina del fango. La politica seguita dal primo cittadino era quello di utilizzare la stampa per “evidenziare ed amplificare l’attività del sindaco, ma anche per sconfessare degli avversari politici”. Nel periodo in cui il sindaco Vignali insieme a Villani e con la collaborazione di Costa di fatto controllava la linea editoriale di Polis, molti dei tentativi di gettare fango contro i nemici sono registrati negli atti degli inquirenti. Nel mirino il più delle volte ci sono due ex alleati di Vignali, l’ex sindaco Elvio Ubaldi e l’ex assessore Maria Teresa Guarnieri.
A settembre 2010 Vignali contatta Costa perché il settimanale Il Nuovo di Parma ha pubblicato un’intervista a Ubaldi su Stt. L’ex delfino abbandonato da chi lo aveva accompagnato alla guida del Comune non la prende bene e al telefono con Costa il suo sfogo è esplicito: “Non solo denunciamo, bisogna che Polis domani faccia un articolo dove lo attacchi… cioè come Il Nuovo fa queste robe qui contro di noi, bisogna che Piervincenzi domani faccia un articolo e prenda per il culo Ubaldi, non so come e perché… ci ragioni su lui, lo paghiamo apposta… Però che faccia sta roba qui… Perché non possiamo soffocarlo (Ubaldi ndr), cioè dobbiamo evitare che lui non sappia più da che parte parlare perché se no… hai capito?” Anche la Guarnieri, ex assessore di Ubaldi passata all’opposizione, ha un posto nei pensieri di Villani e di Vignali. Sempre nel 2010 il direttore Piervincenzi parla con Costa, saltando quindi il suo editore Buzzi, di un articolo sulla Guarnieri uscito sulla Gazzetta di Parma e Costa risponde che “ci sono molte cose sulla Guarnieri da poter tirare fuori”. Nel mirino ci sono anche Giampaolo Lavagetto, l’ex assessore Pdl di Ubaldi travolto dallo scandalo delle maxi bollette a luci rosse, ma anche il presidente della Provincia Vincenzo Bernazzoli, con un “dossier corposo” preparato dal consigliere provinciale Simone Orlandini.
Dopo gli arresti del 2011 che coinvolgono anche alcuni funzionari del Comune, Polis però riprende ad attaccare l’amministrazione Vignali e il sindaco sospetta che sia colpa di Buzzi, che vuole “chiedere sempre di più”. Quando sul quotidiano compare un’intervista a Ubaldi, si scatena la furia del primo cittadino, che chiama il “suo” editore: “È proprio vero che gli amici si vedono nel momento del bisogno. Addirittura la prima pagina… dopo che ti ho nominato presidente in Iren, nessuno ti ha mai cagato negli ultimi vent’anni degli altri sindaci, ed ho nominato la tua amica al Teatro Regio, sembra una riconoscenza (…) non ho parole sinceramente non ho parole”. Buzzi risponde che il ragionamento non gli piace, ma alla fine dice: “Basta che tu me lo chieda e io faccio trenta passi indietro”.
Poi però le cose precipitano, gli arresti della Procura continuano, segnando la fine dell’era Vignali. Le poltrone spartite hanno resistito oltre le sue dimissioni, fino alla nuova era dei Cinque stelle. Sono rimaste vuote solo quando agli arresti ci sono finiti coloro che le occupavano.