Il senatore al Fatto: "L'ho detto a Berlusconi, in caso di sconfitta del Pdl non voglio responsabilità". Se fosse condannato per mafia a Palermo, lo "scudo" parlamentare non gli eviterebbe il carcere
Finisce qui: ritiro la mia candidatura”. Dopo mesi di trattative con il Cavaliere e di messaggi lanciati anche a mezzo stampa (come quando sul Fatto ricordava a Silvio Berlusconi che le loro storie sono profondamente intrecciate) il senatore Pdl Marcello dell’Utri annuncia a voce bassa la più inaspettata delle sue scelte: “Silvio continua a dirmi che possiamo trovare una soluzione, che c’è tempo fino a lunedì sera. Ma ho deciso: non mi presento alle elezioni”.
Senatore Dell’Utri, come l’hanno convinta a tirarsi indietro?
Ci ho riflettuto bene. Il Pdl sta salendo nei sondaggi, la vittoria non è impossibile, ma è improbabile. Non voglio fare da capro espiatorio, non voglio che si dica: “Abbiamo perso per colpa di Dell’Utri”.
L’ha già detto al Cavaliere?
Sì. Ne abbiamo parlato fino a stamattina (ieri, ndr). Ora devo comunicarlo alla mia famiglia, non lo sa ancora nessuno.
Lei ha sempre ammesso di essere un “senatore per legittima difesa”. Cos’è cambiato?
La verità è che siamo al capolinea . Se non fossi stato in Parlamento, è vero, sarei già finito in galera. Ma ora non serve più a niente.
In che senso?
Se mi condannano definitivamente non c’è scudo che tenga, neanche quello parlamentare. Tanto vale andarsene ora. In Senato ci sono stato già anche troppo, e poi non ho mai avuto la vocazione politica. Mi occuperò d’altro.
In passato ha detto al Fatto che dopo un po’ a Santo Domingo si annoia. Se la sua condanna venisse confermata in appello e Cassazione, sarebbe pronto a trasferirsi lì?
Ribadisco: posto bellissimo, ma non si deve esagerare. Dopo un paio di settimane non ne posso più di Santo Domingo. E poi mi hanno già sequestrato la casa e bloccato i conti in banca. Verrei sicuramente estradato.
Prima dell’ultima sentenza in Cassazione, però, si trovava lì. Molti hanno pensato che preparasse la latitanza.
Invece ci ero solo andato in vacanza. Pensando che fosse l’ultima.
Pochi giorni fa il Procuratore generale ha chiesto 7 anni di reclusione per via dei suoi “rapporti mai interrotti” con Cosa Nostra.
Quelle sono le teorie di Ingroia. Io sono ottimista, spero che i giudici capiscano che quelle accuse non esistono.
Sette anni sono lunghi. Si sta rassegnando all’ipotesi di passarli in carcere?
Spero non succeda, ma cosa vuole che sia? Sono abituato a cose forti. Non ho paura.
Anche Claudio Scajola si è ritirato. “Non sopporto più esami sulla mia moralità”, ha detto.
Io non lo dico. Sono immunizzato, le critiche non mi toccano proprio.
Col Pdl ha chiuso?
E’ da tanto che non mi occupo direttamente del partito. Forse potrei riprendere in mano i Circoli del Buon Governo, ma non ho più tutta questa voglia di continuare.
Come reagirà se altri inquisiti invece verranno messi in lista?
Conosce la storia di Papa Paolo IV e del vescovo Sipontino? Erano grandi amici, compagni di seminario. Eppure quando il Papa nominava i cardinali lasciava sempre fuori il suo amico, che ci rimaneva malissimo. E sa cosa disse il Papa, che aveva file di aspiranti cardinali alla sua porta?
Cosa?
“Se non nomino nemmeno il mio amico Sipontino, perché’ mai dovrei fare cardinali voi?”. E così si liberava di tutti i questuanti.
Sa che ci saranno scene di isteria collettiva degli “impresentabili ” nel Pdl dopo questa sua intervista?
Eh eh. Ma Berlusconi, proprio come Paolo IV, potrà rispondere: “Se non candido nemmeno Dell’Utri, voi cosa volete da me?”.
Ma lei che cosa ci guadagna? Cosa le ha promesso il Cavaliere?
Il mio è un gesto di amicizia. Certo che non mi conviene, ma dopotutto, ripeto, la storia è arrivata alla fine. E’ il momento di chiudere. La mia candidatura non serve più a nessuno. Nemmeno a me.
Che cosa le mancherà di più del Senato?
La biblioteca: l’unica cosa seria che c’e’ in Parlamento.
Twitter: @BorromeoBea
Da Il Fatto Quotidiano del 20 gennaio 2013