Nessuna attenuante per Francesco Colucci. L’ex questore di Genova, condannato a due anni e 8 mesi di reclusione per falsa testimonianza nel processo per la sanguinosa irruzione della polizia alla scuola Diaz nel corso del G8 di Genova, al momento di deporre “aveva in mente solo di essere fedele al ‘Corpo’ a cui apparteneva”. Così il giudice monocratico del tribunale di Genova Massimo Deplano traccia la sintesi del processo che lo ha portato a condannare Colucci. La “capacità criminosa mostrata dall’ex questore in quel contesto – specifica Deplano – non merita in alcun modo le circostanze attenuanti generiche”.
Le motivazioni della sentenza ripercorrono gli episodi in cui il tribunale ritiene che Colucci abbia mentito sulla ricostruzione di quella tragica serata: in primo luogo ha negato di avere ricevuto ordini dall’alto, mentre in una cena con amici ammise di avere solo eseguito ordini superiori “dei generali romani”. Inoltre Colucci mentì nel riferire di avere assistito a una telefonata, poco prima dell’irruzione, tra l’ex membro del Genoa social forum Stefano Kovac e l’ex capo della Digos di Genova Spartaco Mortola in relazione alla cessata occupazione della scuola da parte dei “buoni” del movimento di contestazione.
Gravissima, secondo il il giudice, anche la dichiarazione riguardante il vicequestore Lorenzo Murgolo, accusato da Colucci di essere il responsabile del blitz pur non essendo mai stato indagato dalla magistratura. “Questa falsa dichiarazione – scrive Deplano – è in assoluto gravissima perché era gravissima nel momento e nella sede in cui la rese, ben consapevole e deciso di dire il falso su uno dei punti più contraddittori e complessi da accertare in quel processo”.
Secondo i giudici, Colucci mentì sulla volontà pianificata della polizia di fare irruzione oltre che alla Diaz anche nella scuola Pascoli, sede del centro stampa del Genoa social forum. E mentì anche sulla decisione di mandare l’allora portavoce della polizia Roberto Sgalla di fronte alla scuola Diaz. I giudici hanno ricostruito l’accaduto ascoltando una serie di telefonate tra Colucci e Mortola a ridosso delle deposizioni del processo Diaz nel 2007. Secondo Deplano “la loro lettura è esemplare nel far comprendere prima di tutto come un teste non dovrebbe prepararsi a rendere una testimonianza”.