Poter disporre di un’informazione ampia, completa e obiettiva costituisce un presupposto irrinunciabile per una democrazia degna di questo nome.
Va detto chiaramente a tale proposito che, se l’ Italia è un Paese che non brilla certo per realizzazione del diritto all’informazione dei suoi cittadini, il che ha permesso fra l’altro il buio ventennio berlusconiano e l’infausta reggenza del professor Monti, ciò si deve anche alla scarsa professionalità e all’innato servilismo del settore di punta dei suoi giornalisti professionisti, quelli, per intenderci che, manovrando più o meno abilmente, riescono a tenersi sempre vicino alle caste, cricche e cosche al potere.
Si guardi alla veemenza con la quale questi professionisti della cattiva informazione si scagliano contro le forze che vogliono portare avanti un effettivo rinnovamento della sfera politica. Da tempo loro bersaglio sono stati Beppe Grillo e il Movimento Cinque Stelle. Stiamo poi da ultimo assistendo a un crescendo di attacchi contro Rivoluzione civile, il suo leader Antonio Ingroia e altre persone fortemente coinvolte in questo tentativo di dare all’Italia una prospettiva di alternativa, come il sindaco di Napoli Luigi De Magistris.
Non si tratta certo di attacchi casuali. C’è l’impressione che si stiano scatenando, contro questa prospettiva, giornalisti che, lungi dal voler perseguire la verità, come scritto a chiare lettere nel codice della deontologia professionale, fornendo al pubblico elementi precisi e indiscutibili di informazione, puntino a discreditare l’alternativa per avallare la necessità della continuazione dello squallido e insostenibile andazzo delle forze politiche dominanti.
Prendiamo due casi precisi.
Il primo è costituito dall’attacco forsennato sferrato da L’Espresso contro De Magistris, accusato di aver deluso i napoletani. In realtà, come ben si sa, tutti i Comuni italiani, come più volte denunciato dalla loro associazione nazionale, l’ANCI, sono le vittime predestinate delle politiche di fiscal compact imposte dall’Unione europea e più volte criticate dallo stesso Fondo monetario internazionale. In una situazione come quella napoletana, dove vengono al pettine problematiche addirittura secolari, è chiaro che la mancata disponibilità di adeguati mezzi finanziari si traduce in forte difficoltà delle necessarie politiche di trasformazione, basate sulla promozione di diritti collettivi e beni comuni. Non si possono fare le nozze con i fichi secchi!
Eppure, agli occhi L’Espresso, la vera colpa di De Magistris diviene, paradossalmente, quella di voler denunciare tale situazione scendendo in campo, com’è doveroso fare, a livello nazionale ed europeo per chiedere scelte di fondo diverse. Senza le quali, com’è evidente anche agli scolari elementari (ma non, a quanto pare, ai giornalisti de L’Espresso) risulta impensabile fare in concreto politiche alternative, per le quali non mancano certo idee e proposte sostenute dalla cittadinanza napoletana come di altre città.
La vera colpa di De Magistris, ritratto come un pazzariello sconclusionato, è quella di denunciare senza giri di parole la triste situazione che l’attuale indirizzo politico neoliberista all’insegna di tagli indiscriminati della spesa pubblica e privatizzazioni selvagge sta facendo vivere a tutti i governi locali. Pare in effetti che a L’Espresso dia fastidio che il sindaco di Napoli rifiuti il ruolo di rotellina esecutrice del ruolo di soffocamento dei diritti collettivi e della democrazia partecipativa che il disegno dei poteri forti vorrebbe assegnare alle autonomie, snaturandone a fondo la funzione e affossando nei fatti la Costituzione italiana. Per non parlare della chiara volontà dell’attuale sindaco di Napoli di segnare un’evidente rottura rispetto a precedenti esperienze politiche, davvero disastrose, nei cui confronti non risultano esservi state prese di posizione altrettanto veementi da parte della rivista in questione.
Il secondo caso, ancora più scandaloso, è rappresentato dalla trasmissione organizzata da Lucia Annunziata con la partecipazione di Sallusti, il quale si è scagliato contro Ingroia dandogli del mascalzone. L’Annunziata ha consentito questa aggressione verbale senza precedenti e ha condotto talmente male la trasmissione da dover poi presentare le sue scuse. Ai cittadini italiani che hanno assistito alla trasmissione, non tantissimi peraltro, non sarà tuttavia sfuggita la differenza profonda esistente da chi rivolge proposte costruttive e di contenuto per l’affermazione piena della democrazia e della legalità costituzionale repubblicana e chi, in quanto megafono della parte peggiore di una classe dirigente oramai alla frutta, è capace unicamente dell’insulto e di attacchi scomposti. Sallusti del resto non è nuovo ad imprese di questo genere, che in qualche caso gli sono valse anche delle condanne penali. Esiste infatti un confine abbastanza chiaro fra libertà d’informazione e diffamazione, confine che il suddetto personaggio ha valicato in qualche occasione.
Bisogna davvero augurarsi che alle prossime elezioni politiche una valanga di voti a Rivoluzione civile sappia rintuzzare gli attacchi del giornalismo spazzatura asservito alla casta. E che, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione di massa e a un profondo rinnovamento del giornalismo italiano il nostro Paese possa finalmente disporre di un’informazione degna di questo nome.