(Versione corretta del post pubblicato erroneamente il 20.01.2013)

L’ipotesi di cui abbiamo informato i lettori in un precedente post, chiamata “hygiene hypothesis”, sembra avere incontrato in alcuni autorevoli studiosi una critica sensata, che vorrei analizzare. L’ipotesi afferma che il distacco progressivo della specie umana dall’ambiente microbiologico naturale determinerebbe una mancata immunomodulazione nel corso dell’età evolutiva, con una conseguente alterazione delle normali risposte immunitarie ed alla possibilità dell’insorgenza in taluni individui di alcune malattie croniche: sclerosi multipla, morbo di Crohn, diabete mellito di tipo 1. In tale chiave verrebbero spiegati i processi patologici che provocano queste malattie. Inoltre si potrebbero concepire nuovi tipi di terapia basati anche su rimedi naturali, in teoria meno tossici e forse più efficaci. E’ stata proposta anche una correlazione con la manifestazione di molte forme allergiche.

Un nuovo rapporto scientifico però emesso lo scorso ottobre nel corso dell’”International Scientific Forum on Home Hygiene” (IFH) smonterebbe, almeno in parte, il mito che l’aumento delle allergie in forma pressoché epidemica negli ultimi anni sia avvenuto perché stiamo vivendo in case con un livello di igiene eccessivo, tanto da risultare contro natura e da “scompaginare” le corrette risposte immunitarie. Certo la quantità di esposizione microbica è senz’altro un fattore di rilievo, dicono, e la relazione citata ammette che perdere il contatto con i cosiddetti ‘vecchi amici’ (old friends) microbici può essere un fattore fondamentale alla base dell’insorgenza di una gamma ancora più ampia di malattie gravi.

Abbiamo prima ricordato infatti che numerose malattie infiammatorie croniche (CID) come il diabete di tipo 1 e la sclerosi multipla sembrano derivare da una cattiva regolazione del nostro sistema immunitario. Sally Bloomfield però della London School of Hygiene and Tropical Medicine spiega: “l’idea di fondo che l’esposizione microbica sia fondamentale per regolare il sistema immunitario è giusta. Ma l’idea che i bambini che hanno meno infezioni, perché vivono in abitazioni più igieniche, siano per questa ragione più propensi a sviluppare asma o altre allergie non regge “.

In altri termini non ci si può preoccupare di una casa troppo pulita o di avere comportamenti troppo igienici, perché il rischio di contrarre una malattia infettiva, magari anche grave, a causa di un atteggiamento troppo disinvolto nei riguardi dei microrganismi patogeni sarebbe senz’altro più alto rispetto al fatto di essere riusciti ad evitare una forma allergica. Ci sono inoltre altri fattori di cui si deve tenere conto, aggiunge il Prof. Graham Rock, ad esempio lo stress, l’inquinamento ambientale e chimico, l’alimentazione e lo stile di vita sedentario, che sicuramente giocano un ruolo importante, se non decisivo. E d’altra parte, bisogna considerare che nonostante il nostro desiderio di liberarci in via definitiva dei microrganismi, attraverso farmaci, vaccini, comportamenti profilattici, questi sopravvivono ugualmente in grande quantità nelle case in cui viviamo : “anche la casa dall’aspetto più lindo abbonda ancora di batteri, virus, funghi, muffe e acari della polvere”.

Io credo che questa critica sia in realtà molto benevola. Lascia spazio ad altre considerazioni riguardanti il fatto che se è vero che l’”hygiene hypothesis” deve senz’altro raccogliere molti più elementi di prova, sia da un punto di vista immunologico, microbiologico, ecc. sia soprattutto clinico, per poter essere definitivamente acquisita ufficialmente, rimane comunque un riferimento valido sul quale indagare e perderci tempo e risorse, in quanto alcuni risultati sono stati molto favorevoli.

Ad esempio, per restare in tema di impostazioni terapeutiche “alternative”, sul numero del 17/1 u.s. del New England Journal of Medicine un interessante articolo descrive una situazione analoga, anche se non del tutto sovrapponibile. La somministrazione nella colite da Clostridium difficile (una forma di infezione che può essere molto grave e che può risultare anche letale, se non opportunamente trattata, che si manifesta spesso come epidemia nosocomiale. Ce ne è una in corso attualmente in un ospedale di Chiriquì nello Stato di Panama) di feci di individui sani da luogo ad una remissione più rapida rispetto alla terapia con un antibiotico, la vancomicina. In assenza di effetti collaterali avversi o tossici, purtroppo relativamente frequenti in concomitanza della somministrazione dell’antibiotico. La sostituzione di un ceppo patogeno (il Clostridium) con la normale flora batterica intestinale ripristina il perduto equilibrio. Pertanto la strada è ancora apertissima allo studio e all’approfondimento di questo interessante tema.  

 

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Neurologia, Shimon Edelman: “Il cervello è una macchina per la felicità”

next
Articolo Successivo

Genetica, Nature Chemistry: “Il Dna è anche a quadrupla elica”

next